Afghanistan, verso le elezioni:a Herat numero elettori supera abitanti

Herat (Afghanistan), 17 feb. (LaPresse) – L’Afghanistan si avvicina al voto. Il 5 aprile si eleggerà l’uomo che prenderà il posto del presidente uscente Hamid Karzai. Undici i candidati, tra i quali il fratello dello stesso Karzai, Quayum. A candidarsi in effetti erano stati in 27 ma la commissione elettorale ha cancellato 16 candidature per irregolarità nella documentazione, mancanza di requisiti o firme insufficienti. Il grande favorito è l’ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani Ahmadzai.

L’Italia è chiamata a sostenere le forze afgane nell’area occidentale del Paese nel complesso compito di far funzionare al meglio la macchina elettorale. Due gli obiettivi: garantire la sicurezza dei votanti e assicurare il corretto svolgimento della consultazione.

Al primo compito pensa la Occr (operational coordination center regional). A capo della struttura c’è il generale Oriakhil. Occhiali scuri, barba incolta e aria marziale, il generale spiega che già 959 seggi nell’area Ovest sono in condizioni di sicurezza. Altri 153, invece, restano in aree fuori controllo. Il bilancio per quanto lo riguarda è positivo: “Sono oltre dieci mesi – dice – che stiamo curando le operazioni di preparazione per le elezioni e finora non abbiamo incontrato difficoltà”.

Su 13 milioni di aventi diritto al voto (la popolazione afgana conta 25 milioni e mezzo di persone) quasi dodici milioni si sono già registrati. Il problema però, spiega il colonnello Fabio Asso, consigliere dell’Occr, è che sono molte le persone che si registrano più di una volta. Nelle province di Herat e Ghor (un’altra città che si trova nell’area occidentale sotto il comando italiano) il numero delle registrazioni è superiore al numero degli aventi diritto. A Ghor tocca addirittura il 103%.

E’ scontato insomma che ci saranno irregolarità. D’altra parte, spiega, “anche se ci saranno degli osservatori, difficilmente potranno dire che le elezioni sono state irregolari”. Il rischio sarebbe quello di peggiorare ulteriormente la situazione destabilizzando il Paese.