Ginevra (Svizzera), 23 nov. (LaPresse/AP) – Sembrano avvicinarsi alla fase finale a Ginevra i colloqui sul nucleare iraniano in corso tra rappresentanti di Teheran e del gruppo 5+1. Ai negoziati si sono uniti nelle ultime ore i ministri degli Esteri di tutti i Paesi negoziatori, il che pare confermare l’ottimismo emerso ieri, quando una fonte diplomatica ha fatto sapere che c’erano stati progressi su un punto chiave: cioè che Teheran intende ribadire il proprio diritto a produrre combustibile nucleare con l’arricchimento dell’uranio. I colloqui hanno raggiunto “il momento finale”, fa sapere la Cina, mentre posizioni più prudenti giungono da Germania e Russia, che parlano di buone possibilità di risoluzione, ma dicono di non poter dare garanzie visto che c’è ancora lavoro da fare. Il nocciolo dell’intesa preliminare dovrebbe comprendere: la riduzione del programma nucleare dell’Iran da una parte, con in cambio dall’altra parte l’alleggerimento delle sanzioni imposte a Teheran dagli Usa e dagli altri Paesi occidentali.
A GINEVRA KERRY, FABIUS E HAGUE. A Ginevra sono arrivati i ministri degli Esteri di tutti i Paesi che negoziano con l’Iran, cioè quelli del gruppo 5+1, che comprende i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (Russia, Usa, Regno Unito, Francia, Cina), più la Germania. Stamattina nella città svizzera è atterrato il segretario di Stato americano, John Kerry; qualche ora prima di lui, prima dell’alba, era atterrato il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, e anche il segretario britannico agli Esteri, William Hague, ha annunciato che si è unito ai negoziati. Già da ieri, inoltre, si trovano in città il ministro degli Esteri della Russia, Sergey Lavrov, e quello tedesco Guido Westerwelle.
COLLOQUI IN FASE FINALE, MA ANCORA LAVORO DA FARE. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, ha affermato che i colloqui hanno raggiunto “il momento finale”, ma posizioni più caute provengono dagli altri negoziatori, come Stati Uniti, Francia, Germania e Russia. Il tedesco Westerwelle ha parlato di una “chance realistica”, aggiungendo però che “c’è ancora molto lavoro da fare”. Posizione analoga da parte del vice ministro degli Esteri della Russia, Sergei Ryabkov, secondo il quale i negoziati sono molto vicini a una svolta ma “purtroppo non posso dire che c’è una garanzia di raggiungere una svolta”. Prudente anche il francese Fabius: “Sulla questione del nucleare iraniano voglio un accordo, ma un accordo solido, e sono qui per lavorare verso questo tipo di conclusione”, ha detto al suo arrivo a Ginevra. I diplomatici francesi ritengono che i colloqui siano nella fase finale ma, spiega un funzionario coperto dall’anonimato, il fatto di non essere riusciti a raggiungere un accordo nell’ultimo round “ci ha insegnato a essere prudenti”. E l’americano John Kerry, prima di partire da Washington, ha detto di non avere particolari aspettative che un accordo possa essere raggiunto entro la settimana.
PROGRESSI SUL PUNTO CHIAVE DELL’ARRICCHIMENTO. Al termine degli incontri di ieri un diplomatico ha riferito che fra il capo della diplomazia dell’Iran, Mohammad Javad Zarif, e l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, ci sono stati progressi su un punto chiave: la necessità avanzata da Teheran di verdersi riconosciuto il proprio diritto a produrre combustibile nucleare con l’arricchimento dell’uranio. Sul linguaggio del documento a questo proposito va ancora trovata un’intesa, ma pare che si stia andando nella direzione giusta. Il diritto all’arricchimento non deve essere esplicitamente riconosciuto nel documento dell’accordo iniziale, fa sapere un alto negoziatore iraniano che partecipa ai colloqui, al di là del monito che aveva lanciato mercoledì l’ayatollah Khamenei dicendo che Teheran non sarebbe mai scesa a compromessi su alcune “linee rosse”.
IL FALLIMENTO DELL’ULTIMO ROUND DI COLLOQUI. L’ultimo round di colloqui fra l’Iran e il 5+1 si era concluso lo scorso 10 novembre senza un accordo nonostante anche in quel caso, per provare ad appianare le differenze, fossero intervenuti Kerry, Lavrov, i ministri degli Esteri di Regno Unito, Francia e Germania, e il vice ministro degli Esteri cinese. Allora i toni iniziali nel descrivere gli incontri erano stati ottimisti ma la conclusione, appunto, era stato il fallimento di quel round. Sui motivi ci sono versioni contrastanti: gli iraniani sostengono che il fronte del 5+1 non sia stato compatto e la responsabilità sia della Francia, che si sarebbe impuntata sul non volere riconoscere il diritto all’arricchimento; altri attribuiscono invece la responsabilità a Teheran, sostenendo che i negoziatori non fossero disponibili a dare subito l’ok alla bozza e dovessero prima tornare tornare in Iran per consultazioni.
LA POSIZIONE DELL’IRAN. La questione dell’arricchimento dell’uranio è molto controversa perché può essere utilizzato sia per realizzare armi nucleari, che per realizzare combustibile. L’Iran sostiene che il suo programma nucleare abbia scopi esclusivamente pacifici e dice di non avere alcun interesse per le armi nucleari, ma gli Stati Uniti e i loro alleati accusano Teheran di avere lavorato per sviluppare l’atomica e puntano il dito contro precedenti tentativi dell’Iran di nascondere che stava provvedendo all’arricchimento dell’uranio. Teheran insiste sul suo diritto all’arricchimento da circa 10 anni, durante i quali si sono svolti negoziati infruttuosi. La svolta è arrivata però lo scorso fine settimana, quando il ministro degli Esteri iraniano Zarif ha suggerito che Teheran è pronto a firmare un accordo anche se non riconosca espressamente per iscritto quel diritto, aprendo così uno spiraglio di speranza sulla possibilità di raggiungere un accordo in questo round di colloqui.
LE POSIZIONI NEL 5+1. Negli ultimi anni Russia e Cina hanno mostrato di avere accettato la richiesta dell’Iran di vedersi riconosciuto il diritto ad arricchire per fini pacifici e la Germania sostieneil diritto di ogni Paese all’attività nucleare, purché pacifica. Diversamente invece gli altri tre Paesi, cioè Stati Uniti, Regno Unito e Francia, che hanno continuato a mostrarsi recalcitranti.
LE RELAZIONI USA-IRAN. Per Iran e Stati Uniti i colloqui di Ginevra rappresentano più del semplice raggiungimento di un accordo sul nucleare. Nella forma e nella sostanza, infatti, costituiscono un’estensione dello storico dialogo che si è riaperto dopo anni a settembre scorso, nel corso dell’Assemblea generale delle Nazioni unite a New York. Ad allora risale infatti la telefonata fra Barack Obama e il neopresidente dell’Iran, il moderato Hassan Rohani. Per il nuovo governo di Teheran si tratta di una opportunità per mostrare anche ai radicali più scettici che un dialogo con Washington è possibile senza mettere in pericolo il sistema vigente nel Paese.