Atene (Grecia), 21 ott. (LaPresse/AP) – Sono comparsi davanti ai giudici a Larissa, in Grecia, l’uomo e la donna accusati di sequestro di minore a seguito del ritrovamento di una bambina nel campo rom in cui vivevano. La piccola, che veniva chiamata Maria e ha circa 4 anni, è stata notata durante un’operazione della polizia nel campo di Farsala, vicino a Larissa, perché bionda, con la pelle chiara e gli occhi azzurri, molto diversa dalla coppia che diceva fosse sua figlia. I test del dna hanno smentito la parentela. Per l’accusa di sequestro di minore i due rischiano una pena massima di dieci anni di carcere. Il loro avvocato difensore ha affermato che abbiano adottato la bambina quando aveva pochi giorni di vita, avvicinati da un intermediario secondo cui la madre straniera non poteva occuparsene. La coppia deve anche rispondere dell’accusa di ottenimento di documenti illegali, tra cui il certificato di nascita della bimba.
L’uomo è incriminato anche, insieme con altre persone dell’accampamento, per possesso illegale di arma da fuoco e per accuse di droga. Secondo la polizia, la donna ha dichiarato di aver dato alla luce sei bambini in meno di 10 mesi, mentre 10 dei 14 figli registrati dalla coppia non sono rintracciabili. Non è chiaro quanti ne esistano effettivamente e per quanti si tratti di un modo di ottenere sussidi statali. La polizia ha riferito che la coppia riceveva ogni mese 2.500 euro in sussidi da tre diverse città in cui aveva registrato i figli. La polizia greca sta conducendo le indagini sulla bambina e ha chiesto l’assistenza dell’Interpol, che a sua volta ha 38 bambine sotto i sei anni nel suo database delle persone scomparse. Nessuna di esse, però, combacia con la descrizione di Maria. L’agenzia internazionale riceve solo le segnalazioni dei casi che i governi nazionali decidono di condividere per ottenere aiuto.