Iran, urne chiuse dopo 5 ore di proroga: buoni consensi per Rowhani

Teheran (Iran), 14 giu. (LaPresse/AP) – Si sono chiuse dopo cinque ore di rinvio le urne per le elezioni presidenziali in Iran, e le prime indicazioni sembrano rivelare ampi consensi per il candidato riformista Hasan Rowhani. I cittadini hanno ben accolto i ripetuti appelli a recarsi a votare, e per tutto il giorno si sono registrate lunghe code fuori dai seggi, sia a Teheran, sia in altre città. Gli elettori avevano la possiblità di votare anche all’estero: seggi per i fuori sede sono infatti stati allestiti a Dubai, Londra e negli Stati Uniti. L’Iran non autorizza la presenza di osservatori esterni durante le elezioni. Se nessuno dei sei candidati riuscirà ad ottenere la maggioranza semplice, cioè il 50% più uno dei voti, si andrà al ballottaggio il 21 giugno.

BUONE INDICAZIONI PER ROWHANI. In tarda serata sono iniziate le operazioni di conteggio. Alcuni funzionari rimasti anonimi hanno riferito ad Associated Press che un campionamento preliminare dei risultati su tutto il territorio suggerisce un ampio consenso per il riformista Rowhani, sia nelle città sia nelle aree rurali. Un conteggio tuttavia troppo ridotto per indicare una chiara tendenza

L’APPELLO AL VOTO DI KHAMENEI. Stamattina l’ayatollah Ali Khamenei, leader supremo dell’Iran, è andato presto a votare e ha invitato a recarsi alle urne. In alcune dichiarazioni trasmesse dalla tv di Stato, Khamenei ha poi usato parole dure contro gli Stati Uniti. “Recentemente ho sentito che un funzionario della sicurezza Usa ha detto che non accetteranno queste elezioni. Ok, andate al diavolo”, ha detto Khamenei. Ieri la portavoce del dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki, aveva detto che Washington non pensa che il processo elettorale iraniano sia trasparente, ma che non scoraggia i cittadini dal recarsi al voto. Anche l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, al quale non è stato permesso di candidarsi, ha lanciato un appello per evitare il boicottaggio del voto scelto da molti come forma di protesta contro anni di arresti e intimidazioni.

LUNGHE CODE AI SEGGI. L’alta partecipazione al voto suggerisce che le elezioni, per le quali un tempo era considerata scontata la vittoria dell’establishment, siano viste dai riformisti come un’opportunità per tornare a far sentire la propria voce dopo anni di repressione. Ancora non c’è nessun front-runner chiaro fra i sei candidati, tra i quali c’è un solo riformista, Hasan Rowhani. Una sua vittoria sarebbe considerata come una piccola battuta d’arresto per l’establishment, ma si tratta comunque di una sfida minore rispetto a quella costituita quattro anni fa dal movimento riformista verde, sul quale fu attuata una brutale repressione nelle proteste che seguirono le elezioni del 2009.

LE ELEZIONI DEL 2009. Sul voto di quattro anni fa pesarono accuse di brogli e vinse Mahmoud Ahmadinejad, che ha guidato il Paese per otto anni e non ha potuto quindi ricandidarsi visto che la legge consente di ricoprire solo due mandati presidenziali consecutivi. In Iran il presidente non ha voce in capitolo diretta nelle decisioni chiave, come il programma nucleare, della difesa e le relazioni estere, ma dà un tono importante al posizionamento del Paese sulla scena mondiale.

SEGGI APERTI ANCHE IN USA. Migliaia di iraniani-americani e di espatriati potranno votare oggi negli Stati Uniti nei 20 seggi allestiti in 13 Stati. L’orario di apertura è stato fissato per le 7 locali di ogni singolo Stato. La California è lo Stato con il maggior numero di seggi, sei, vista la massiccia presenza di iraniani. Centri di voto sono stati allestiti anche a New York, Chicago e Washington.

I CANDIDATI. Sei i candidati, ma nessuno di loro è emerso in modo netto come favorito. Tra i contendenti più accreditati in lizza c’è il 47enne Saeed Jalili, capo negoziatore sul nucleare per l’Iran dal 2007, considerato un integralista. Sostenuto da molti nella teocrazia al potere, forse anche dalla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, gode dell’appoggio del religioso ultraconservatore Ayatollah Mohammad Taghi Mesbah Yazdi. Ex consigliere di Ahmadinejad e vice ministro degli Esteri per gli Affari americani ed europei, nel 2007 è stato nominato negoziatore. C’è poi il 64enne Hasan Rowhani, l’unico riformista in corsa, a sua volta ex negoziatore per il nucleare e stretto alleato dell’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani. Rowhani ha attirato il sostegno di leader riformisti dopo che il rivale Aref ha lasciato la competizione tentando di consolidare il campo dei liberali.

Molti scommettono però anche sul sindaco di Teheran, il 51enne Mohammad Bagher Qalibaf. Ex comandante delle Guardie della rivoluzione durante la guerra Iraq-Iran, Qalibaf si è costruito la reputazione di leader dinamico per progetti sulla qualità della vita a Teheran, inclusi parchi, linee del metrò estese e autostrade. Ex comandante delle Guardie della rivoluzione, è sposato con Zahra Sadat Moshiri, ex docente di Scienze sociali all’Università della Tecnologia Sharif di Teheran, consigliere del marito per quanto riguarda gli affari delle donne nella capitale. C’è poi Ali Akbar Velayati, 67 anni, massimo consigliere della Guida suprema Ali Khamanei per gli affari internazionali. Valayati fu ministro degli Esteri durante la guerra 1980-1988, e negli anni Novanta. È tra i sospettati dell’Argentina per l’attentato del 1994 in un centro ebraico di Buenos Aires, in cui morirono 85 persone.

Candidato anche Mohsen Rezaei, 58 anni, ex comandandante della Guardia della rivoluzione, che corse già al voto del 2009, finendo quarto. Attualmente è segretario del Consiglio per il discernimento, che media tra Parlamento e Consiglio dei guardiani. Infine, il 71enne Mohammad Gharazi, ex ministro del Petrolio e delle Telecomunicazioni. Considerato un conservatore ha puntato la campagna elettorale promettendo la ripresa economica.