New York (New York, Usa), 4 giu. (LaPresse/AP) – “Il mondo ha finalmente posto fine alla confusa natura dei trasferimenti internazionali di armi. Grazie a questo trattato sarà più difficile fornire armi al mercato illegale, a ricchi signori della guerra, a pirati, terroristi e criminali, e sarà più difficile usarlo per commettere gravi abusi dei diritti umani o violazioni del diritto internazionale umanitario”. Lo ha detto il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, dopo che ieri 67 Paesi hanno firmato il trattato per la regolamentazione del commercio mondiale di armi convenzionali. Ban ha chiesto a tutti gli Stati, soprattutto ai principali esportatori e importatori di armi, di firmare e ratificare il documento, affermando che “gli occhi del mondo sono rivolti verso i commercianti e fabbricanti di armi e verso i governi, come mai prima”. Le firme sono il primo passo verso la ratifica. Il trattato potrà entrare in vigore soltanto dopo essere ratificato da almeno 50 Paesi.
Secondo il ministero degli Esteri della Finlandia, Erkki Tuomioja, tra i principali sostenitori dell’iniziativa, il patto sarà ratificato da 50 Stati “in poco più di un anno ma il vero test, naturalmente, è convincere a firmare e ratificare i Paesi che hanno ancora dei dubbi o sono indecisi”. Il trattato obbligherebbe i governi a stabilire regole nazionali per controllare il trasferimento di armi convenzionali e delle loro componenti, ma non prevede controlli sull’uso interno degli armamenti. Il patto vieta il trasferimento di armi convenzionali se esso viola un embargo o promuove crimini contro l’umanità o crimini di guerra e nei casi in cui gli armamenti potrebbero essere usati contro civili o edifici civili, come scuole e ospedali. Il documento copre carri armati, veicoli corazzati da combattimento, grandi sistemi di artiglieri, aerei ed elicotteri da combattimento, navi da guerra, missili e lanciarazzi, nonché armi leggere. Non è chiaro quale impatto il trattato avrà sul commercio mondiale di armi, il cui valore è stimato tra 60 e 85 miliardi di dollari. Molto dipenderà da quali Paesi lo ratificheranno e da quanto severamente sarà applicato.
Nonostante il 2 aprile scorso il trattato sia stato approvato a larga maggioranza dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, i principali esportatori (fra cui Russia e Cina) e i maggiori importatori (come India, Arabia Saudita, Indonesia ed Egitto) si sono astenuti dal firmare per il momento e non hanno dato indicazioni su quando pensano di farlo. Ieri il segretario di Stato Usa John Kerry aveva annunciato che presto Washington aderirà, “non appena sarà completato il processo mirato a confrontare le traduzioni ufficiali del trattato”. Il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha detto che l’evento “manda un forte segnale alla comunità internazionale”, ma ha sottolineato che “bisogna fare di più” perché il patto “potrà cambiare davvero le cose soltanto se sarà applicato per intero su scala globale”.
La Control Arms Coalition, di cui fanno parte centinaia di ong in più di cento Stati, ha fatto sapere che alcuni Paesi rovinati dalle violenze, come il Congo e il Sud Sudan, dovrebbero firmare il trattato nelle prossime settimane. Il patto, ha affermato la coalizione, è mirato a “proteggere milioni di persone che vivono quotidianamente nella paura di violenze armate, rischiando stupro, aggressioni, sfollamento e morte”. Ogni anno, ha riferito il gruppo, oltre 500mila persone vengono uccise con l’uso di armi da fuoco.