Obama: Pace deve arrivare in Terra Santa, alleanza con Israele eterna

Gerusalemme, 20 mar. (LaPresse/AP) – “La pace deve arrivare in Terra Santa”. Questo l’appello lanciato da Barack Obama poco dopo il suo arrivo in Israele, prima tappa della storica visita in Medioriente. “Lasciatemelo dire nel modo più chiaro possibile: gli Stati Uniti d’America stanno al fianco dello Stato d’Israele perché è interesse fondamentale della nostra sicurezza nazionale”, ha detto Obama, aggiungendo poi: “Stiamo insieme accanto perché la pace deve arrivare in Terra Santa”. Obama ha precisato però che questo obiettivo non sarà raggiunto a spese di Israele. Si tratta della prima visita di Obama nello Stato ebraico da quando è presidente.

VISITA STORICA. Quella iniziata oggi è la prima visita di Obama nello Stato ebraico da quando è presidente degli Stati Uniti. L’Air Force One è atterrato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv dopo un volo da Washington durato tutta la notte. Ad accoglierlo c’erano il presidente israeliano Shimon Peres e il premier Benjamin Netanyahu. Dopo la prima tappa a Gerusalemme, Obama farà visita all’Autorità nazionale palestinese in Cisgiordania e infine in Giordania. Tra le questioni sul tavolo, oltre ovviamente al tema della pace, anche Iran e Siria.

BENVENUTO CON IRON DOME. Poco dopo l’arrivo, Obama ha visitato in compagnia di Netanyahu una delle batterie di missili Patriot del sistema di difesa Iron Dome, utilizzato a novembre durante la crisi con Gaza. La batteria era stata posizionata all’aeroporto in occasione della visita. “Grazie di essere accanto a Israele in questo momento di cambiamento storico in Medioriente”, ha detto Netanyahu. “Grazie – ha poi aggiunto il permier – per avere inequivocabilmente affermato il diritto di Israele di difendersi da sé contro ogni minaccia”. Obama è quindi ripartito per Gerusalemme, dove è stato accolto da Peres.

OBAMA: LEGAMI CON ISRAELE INDISSOLUBILI. Nel suo intervento, il presidente ha definito la visita “un’opportunità per riaffermare i legami indissolubili fra i nostri Paesi, per ribadire l’impegno risoluto dell’America per la sicurezza di Israele e per parlare direttamente con il popolo di Israele e i vostri vicini”. Poi ha aggiunto: “in questa regione i venti di cambiamento portano sia promesse che pericoli”. Cercando di smentire l’opinione di molti israeliani, secondo cui il suo governo ha sostenuto meno lo Stato ebraico rispetto alle precidenti amministrazioni, Obama ha definito “eterna” l’alleanza fra Usa e Israele. “E’ per sempre”, ha detto accolto dagli applausi. Gli Stati Uniti sono “l’alleato più forte e il più grande amico” di Israele, ha detto. Un concetto che Obama ha ribadito nel pomeriggio, dopo l’incontro privato con Peres. Israele, ha detto l’inquilino della Casa Bianca, non avrà “amico migliore degli Stati Uniti” e il lavoro svolto insieme dai due Paesi renderà più probabile per i bambini che crescono nella regione un futuro di sicurezza, pace e prosperità.

IRAN. Tra i temi affrontati durante la conferenza stampa congiunta con il premier Netanyahu, anche il nucleare iraniano. “Preferiamo risolvere questa cosa con la diplomazia, e c’è ancora tempo di farlo”, ha detto Obama, che ha tuttavia proseguito: “Tutte le opzioni sono sul tavolo”, se quella via fallirà. Lasciando dunque intendere che anche quella militare resta tre le misure considerate. “La questione è se la leadership iraniana accoglierà l’opportunità”, ha concluso, esprimendo scetticismo sulle prospettive della diplomazia internazionale. Netanyahu, da parte sua, si è detto “assolutamente convinto” che il presidente Obama sia determinato a impedire che l’Iran si doti di armi nucleari. Ma ha aggiunto che, nonostante apprezzi gli sforzi compiuti da Washington tramite diplomazia e sanzioni, questi strumenti “devono essere aumentati da una chiara e credibile minaccia di azione militare”. Sebbene impedire a Teheran di dotarsi di armi nucleari sia una priorità sia per Israele sia per gli Usa, Netanyahu e Obama hanno in mente strategie diverse. Il primo ha infatti ripetutamente minacciato azioni militari, se l’Iran dovesse dimostrare di essere molto vicino alla creazione di armi atomiche. Gli Usa hanno invece spinto per dare maggiore tempo alla diplomazia e alle sanzioni economiche, sebbene Obama ribadisca che l’opzione militare non è esclusa.

SIRIA. Obama, durante la conferenza congiunta con Netanyahu a Gerusalemme, si è anche detto profondamente scettico sulle accuse di aver usato armi nucleari rivolte ai ribelli siriani dal regime del presidente Bashar Assad. E ha aggiunto che una indagine in proposito è in corso. Se la notizia risultasse confermata, ha poi dichiarato, si tratterebbe del superamento di una linea rossa che per gli Usa è invalicabile. “E’ un problema mondiale quando decine di migliaia di persone vengono massacrate, tra cui donne innocenti e bambini”, ha detto Obama, spiegando perché considera la soluzione della crisi siriana una questione da risolvere a livello globale. Ha dichiarato che chiunque avesse conoscenza degli accadimenti in Siria dubiterebbe dell’accusa del governo. “Una volta che avremo stabilito i fatti, ho chiarito che l’uso di armi chimiche è un fattore che cambia gli equilibri”, ha detto.

DOMANI INCONTRA ABBAS. Domani Obama sarà in Cisgiordania, dove farà visita al quartier generale della Anp e incontrerà il presidente palestinese Mahmoud Abbas, al quale assicurerà che uno Stato indipendente di Palestina rimane una priorità della politica estera statunitense. Nonostante Obama non arrivi con alcun nuovo piano per dare una svolta ai colloqui di pace in stallo, ha in programma di chiarire che la sua amministrazione intende mantenere gli sforzi per rilanciare i negoziati. Fulcro della visita sarà un discorso che il capo di Stato americano terrà al Jerusalem Convention Center, durante cui dovrebbe rinnovare le rassicurazioni che Washington rimane al fianco di Israele, mentre lo Stato ebraico si trova ad affrontare le minacce iraniane e la necessità di tutelarsi dalla guerra civile in corso nella vicina Siria.

ULTIMA TAPPA IN GIORDANIA CON FOCUS SU SIRIA. Venerdì, dopo aver reso omaggio alle tombe di Theodor Herzl e Yitzhak Rabin, Obama volerà in Giordania, ultima tappa del viaggio, Il presidente Usa si fermerà per 24 ore nel Paese, dove si concentrerà per lo più sulla guerra in Siria. Sono oltre 450mila i siriani fuggiti in Giordania, dove sono ospitati in campi rifugiati e assistiti da diverse organizzazioni umanitarie. Nei colloqui con re Abdullah di Giordania, Obama proverà a sostenere i tentativi di un’apertura liberale nel Paese per evitare anche che si sviluppino movimenti simili a quelli della Primavera araba che in altri Paesi della regione hanno fatto cadere diversi leader.