India, stupro su bus: si è impiccato in carcere il principale accusato

Nuova Delhi (India), 11 mar. (LaPresse/AP) – Si è suicidato in carcere in India uno dei sei uomini a processo per lo stupro di gruppo della studentessa violentata a Nuova Delhi su un autobus lo scorso 16 dicembre e morta qualche giorno dopo in un ospedale di Singapore. L’uomo, Ram Singh, era accusato di essere alla guida del bus sul quale la studentessa 23enne è stata stuprata. Gli avvocati difensori e i familiari di Singh, tuttavia, non sono convinti del suicidio: denunciano che il giovane sarebbe stato aggredito in prigione e parlano di omicidio. Il governo indiano, intanto, ha ordinato l’apertura di un’indagine.

RAHM SINGH SI E’ IMPICCATO IN CELLA. Ram Singh, 34 anni, si trovava sotto osservazione per rischio suicidio nella prigione Tihar di Nuova Delhi. La polizia riferisce che si è impiccato con i suoi vestiti intorno alle 5.30 di mattina ora locale. Singh e altri quattro imputati rischiavano la pena di morte; per il sesto accusato dello stupro è invece in corso un iter giudiziario diverso dal momento che si tratta di un minorenne. Oggi era in programma una nuova udienza. Un ex avvocato dell’ufficio del vice procuratore generale, K.T.S. Tulsi, spiega che a suo parere il suicidio non dovrebbe avere alcun impatto sul processo, che si tiene a porte chiuse nel rispetto dell’ordine che impedisce ai media di pubblicare dettagli del caso.

PER I FAMILIARI NON E’ SUICIDIO MA OMICIDIO. Un legale della difesa e la famiglia di Singh denunciano che il detenuto sarebbe stato aggredito in carcere prima di morire e probabilmente non sarebbe morto suicida, ma ucciso da qualcun altro. “Non ci sono circostanze che avrebbero potuto portare Ram Singh a commettere un suicidio. Non c’era stress mentale, era molto felice”, ha detto uno degli avvocati difensori, V.K. Anand. Gli fa eco un altro legale, A.P.Singh: “Cosa significa si è ucciso? È stato ucciso in prigione”, afferma. I legali degli imputati precedentemente avevano accusato la polizia di picchiare i detenuti per estorcere confessioni. Il padre di Ram Singh, Mangelal Singh, sostiene che il figlio sia stato stuprato in prigione da altri detenuti e guardie. Tuttavia racconta di avere fatto visita al figlio quattro giorni fa e che non aveva dato alcun segnale che lasciasse pensare al suicidio. Racconta inoltre che l’uomo aveva delle brutte ferite alla mano e che non sarebbe stato in grado di commettere un suicidio. “Qualcuno lo ha ucciso”, ha detto il padre parlando fuori dalla sua piccola casa in uno slum di Nuova Delhi. Mangelal Singh dice inoltre di temere per la sicurezza di un altro figlio, anche lui a processo per lo stesso caso di stupro.

GOVERNO ORDINA INDAGINE SU MORTE SINGH. Il governo indiano, intanto, ha ordinato l’apertura di un’indagine per accertare le cause della morte. Ad annunciarlo, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Press Trust of India, è stato il vice ministro dell’Interno dell’India, R.P.N. Singh.

LA SITUAZIONE DELLE CARCERI IN INDIA. Gli imputati per lo stupro sono alloggiati in edifici separati all’interno della prigione ed erano tutti sotto osservazione per rischio suicidio, spiega un dipendente del carcere coperto dall’anonimato. I penitenziari indiani sono noti per il sovraffollamento e la cattiva gestione, oltre che per il trattamento brutale riservato ai detenuti. Nel 2011 in India 68 detenuti sono morti suicidi e altri otto sono stati uccisi da altri prigionieri. I dati sono quelli riportati dal National crime records bureau indiano (Ncrb), l’ufficio che si occupa di registrare i dati relativi ai crimini commessi nel Paese.

LO STUPRO DELLA 23ENNE SUL BUS. Lo stupro della giovane studentessa avvenne il 16 dicembre del 2012 mentre la ragazza tornava a casa con un amico dopo avere guardato un film. Secondo la ricostruzione della polizia, i sei a bordo del bus privato avrebbero prima picchiato l’amico della 23enne con una barra di metallo e poi stuprato la donna usando anche la stessa barra e provocandole gravi ferite interne. Le vittime furono poi scaricate nude sul ciglio della strada e la giovane morì due settimane dopo in un ospedale di Singapore a causa delle gravissime ferite riportate. L’episodio sollevò una serie di proteste molto partecipate in tutta l’India per il trattamento riservato alle donne e spinse il governo ad affrettarsi a redigere un nuovo pacchetto di leggi a tutela delle donne.