Ecuador alle urne per presidenziali, Rafael Correa verso rielezione

Quito (Ecuador), 17 feb. (LaPresse/AP) – Rafael Correa nettamente favorito per la rielezione nel voto presidenziale che si sta tenendo oggi in Ecuador. I seggi chiuderanno alle 17 ora locale, le 23 in Italia e i primi risultati sono attesi un paio di ore più tardi. Secondo i sondaggi, il principale sfidante del capo di Stato uscente, Guillermo Lasso, ex presidente esecutivo del Banco de Guayaquil, guida il gruppo di sette altri candidati, ma è staccato di oltre 20 punti dal Correa. Da quanto è salito in carica, nel 2007, il presidente, 48 anni, ha portato al Paese, dove vivono 14,6 milioni di persone, una stabilità mai conosciuta prima. Nel decennio precedente si erano infatti alternati alla guida del governo ben sette presidenti. Per evitare il ballottaggio, a Correa serve una maggioranza semplice, o il 40% dei voti più un margine di 10 punti percentuali dal secondo candidato.

Laureato alla University of Illinois-Champaign, Correa ha concentrato la sua campagna elettorale sull’incremento del gettito fiscale e sui servizi sociali. Lasso ha invece promesso aperture agli investimenti stranieri, un taglio delle tasse sulle aziende che creano lavoro e una riduzione di quello che Correa ha definito il “socialismo del XXI secolo”, come per esempio la tassa del 5% sui capitali spostati dall’Ecuador. Amico, alleato e vicino alle politiche del presidente venezuelano Hugo Chavez, ma per certi aspetti meno radicale, Correa si è fatto amare dalle classi più povere accrescendo l’accesso all’educazione e ai servizi sanitari, costruendo 7.820 chilometri di autostrade e creando quasi 100mila nuovi posti di lavoro negli ultimi quattro anni.

Prima di Correa, spiega nei pressi del seggio elettorale la 18enne Jomaira Espinosa, “la mia famiglia non aveva abbastanza da mangiare e ora invece sì. Ci sono stati un sacco di cambiamenti positivi nell’economia e mio padre è riuscito a trovare lavoro”. I critici, tuttavia, contestano l’atteggiamento di Correa nei confronti dei media, considerato poco tollerante, e della Chiesa a cui ha tolto influenza. Inoltre, sostengono che non sia stato in grado di fermare la crescente sensazione di vulnerabilità in un Paese dove nel 2012, rispetto all’anno precedente, furti e rapine sono cresciuti del 30%.

La sua figura è poi salita degli onori delle cronache lo scorso agosto anche in ambito europeo, quando l’ambasciata di Quito a Londra ha accettato di offrire asilo diplomatico al fondatore di WikiLeaks Julian Assange, per evitare la sua estradizione in Svezia. Una decisione che è costata al capo di Stato sudamericano non poche critiche dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, ma che ha scatenato il plauso dei sostenitori del giornalista australiano e degli oppositori di Washington. Il presidente, inoltre, ha mantenuto in questi anni stretti rapporti con Iran e Cina, anche a livello economico. Pechino è il maggior acquirente del petrolio dell’Ecuador e detiene 3,4 miliardi di dollari di debito del Paese sudamericano.