Washington (Usa), 27 dic. (LaPresse/AP) – Mancano ormai quattro giorni alla fine dell’anno e il Congresso degli Stati Uniti ancora non è riuscito a trovare un accordo per evitare il temuto fiscal cliff, una mannaia di aumenti alle tasse e di tagli alle spese pubbliche che si abbatterà sul Paese da inizio 2013 se l’intesa non ci sarà. Nel tentativo di arrivare a un accordo in extremis, il presidente Barack Obama ha interrotto le vacanze natalizie alle Hawaii con la famiglia ed è rientrato a Washington. Prima di partire, fa sapere la Casa Bianca, Obama ha telefonato separatamente ai leader della maggioranza e della minoranza del Senato, Herry Reid e Mitch McConnell, e quelli della Camera, John Boehner e Nancy Pelosi, per discutere della questione.

Secondo fonti del Congresso Usa, non ci sono stati significativi passi avanti nelle ultime ore. Stando ad alcune voci, Obama potrebbe inviare nelle prossime ore ai deputati un piano su scala ridotta, ma la Casa Bianca per ora smentisce. Intanto, oggi Herry Reid, che guida la maggioranza democratica al Senato, ha rilasciato un pesante giudizio, secondo cui gli Usa sembrano ormai diretti verso il temuto baratro fiscale. Quindi, si è scagliato contro il collega repubblicano Boehner, speaker della Camera, accusato di non aver richiamato i deputati la lavoro. “John Boehner – ha detto in aula Reid – sembra essere più interessato a mantenere la sua leadership alla Camera che a mantenere il Paese su una base fiscale solida”. Pronta la risposta di Boehner. “Reid – ha commentato attraverso il suo portavoce Brendan Buck – dovrebbe parlare meno e legiferare di più se vuole evitare il fiscal cliff”.

In caso di mancato accordo, l’effetto immediato potrebbe essere un aumento delle tasse per una media di 2.000 dollari a famiglia per il prossimo anno. Intanto, in serata, il partito repubblicano ha fatto sapere che la Camera si riunirà domenica, per cercare l’intesa in extremis. Boehner ha aggiornato i membri del Partito repubblicano in conference call e ha ribadito che comunque la prima mossa spetta al Senato.

Qui, tuttavia, il leader della minoranza Gop McConnell, ha dichiarato che i repubblicani non sono disposti a firmare “un assegno in bianco per qualsiasi cosa i democratici presenteranno solo perché ci troviamo sul bordo del baratro”. “Noi – ha aggiunto – abbiamo fatto di tutto”, “ci siamo allontanati dalla nostra zona di comfort”, “vogliamo un accordo, ma non abbiamo trovato chi lo accettasse. Il telefono non ha mai squillato e ora siamo a cinque giorni dal nuovo anno e potremmo finalmente iniziare a parlare”.

La battaglia è sulle cifre e sui paletti che soprattutto il Gop, in termini di aumento delle tasse per i super ricchi, si rifiuta di superare. Negli ultimi giorni, i repubblicani avevano provato a garantire una volontà di dialogo. “Le linee di comunicazione – aveva fatto sapere ieri il Gop in un comunicato – rimangono aperte, e continueremo a lavorare con i nostri colleghi per scongiurare il balzo del prelievo fiscale più grande nella storia americana e per affrontare il problema sottostante, che è la spesa”.

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