Ramallah (Cisgiordania), 4 dic. (LaPresse/AP) – Non si fermano le preoccupazioni internazionali per la decisione di Israele di portare avanti i progetti di costruzione di nuovi insediamenti tra Gerusalemme e Cisgiordania. Dopo che ieri Regno Unito, Francia, Spagna, Svezia e Danimarca hanno convocato i propri ambasciatori israeliani per protestare, oggi la stessa decisione è stata presa da Australia, Brasile ed Egitto. Il governo di Benjamin Netanyhau non accenna a cambiare idea, ma in serata, dopo un incontro con i vertici dell’Olp, il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas ha fatto sapere che i palestinesi domanderanno al Consiglio di sicurezza dell’Onu una risoluzione per chiedere il congelamento delle colonie. I piani di Israele “sono i più pericolosi nella storia dell’espansione degli insediamenti e dell’apartheid”, hanno commentato Abbas e i membri dell’Olp in una nota dopo l’incontro. Per questo, le autorità palestinesi chiederanno al Consiglio di votare una risoluzione per fermare i progetti di Tel Aviv, nonostante il fatto che un precedente tentativo a inizio 2011 fu bloccato dal veto degli Usa.
AVANTI CON PROGETTO E1. Il piano di Tel Aviv prevede la costruzione di tremila nuove unità abitative tra Cisgiordania e Gerusalemme, così come la preparazione per la costruzione del contestato progetto E1. Separatamente, Israele sta portando avanti il progetto di costruire due grandi insediamenti a est della città che l’Anp vorrebbe come capitale della Palestina, dove punta a edificare oltre 4.200 appartamenti nelle aree di Ramat Shlomo e Givat Hamatos. Il governo, ha spiegato oggi il portavoce Mark Regev, ha autorizzato la progettazione preliminare della zona E1, ma ancora non ha deciso se dare l’ok definitivo alle costruzioni. L’E1, che sarà costruito nei pressi dell’insediamento di Maale Adumim, isolerebbe Gerusalemme dalla Cisgiordania ed è stato fortemente criticato a livello internazionale.
ISRAELE: SEGUIAMO INTERESSE NAZIONALE. Tutto il mondo ha visto la nuova spinta di Tel Aviv come una risposta al riconoscimento da parte dell’Assemblea generale dell’Onu della Palestina come Stato osservatore non membro, avvenuto la scorsa settimana al Palazzo di vetro, ma le autorità israeliane riferiscono che la decisione di portare avanti i progetti era stata programmata ben prima e che ci potrebbero voler mesi, se non anni, affinché le costruzioni inizino. Dure in questo senso le parole del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, secondo cui i piani di costruzione non si fermeranno e “Israele prende le decisioni secondo il suo interesse nazionale, non per punire, combattere o affrontare”.
ABBAS: TEL AVIV NON VUOLE LA PACE. Sempre più sdegnata, invece, la risposta palestinese. “Nessuno – ha detto il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas – può tacere sulla questione degli insediamenti nell’area E1”, e se Israele continuerà a portare avanti il progetto di costruire, “sicuramente non vuole raggiungere un accordo di pace”. I piani di Tel Aviv per l’area E1 e per quella di Givat Hamatos, ha commentato a sua volta Saeb Erekat, tra i principali consiglieri del presidente dell’Anp, “ci lasceranno senza alcun processo di pace”. Se questi due insediamenti verranno costruiti, ha aggiunto, sarà “finita”. “Non parlate della pace, non parlate di una soluzione a due Stati, parlate di una realtà a un solo Stato tra il fiume Giordano e il Mediterraneo”, ha continuato Erekat, riferendosi al territorio che la comunità internazionale spera un giorno possa ospitare la nazione palestinese e quella israeliana.
PALESTINA ALL’ONU: INSEDIAMENTI SONO CRIMINI GUERRA. Intanto, in una lettera al segretario generale dell’Onu e ai membri del Consiglio di sicurezza e dell’Assemblea generale, il rappresentante palestinese alle Nazioni unite, Riyad Mansour, ha definito la costruzione di insediamenti in territorio palestinese da parte di Israele come crimini di guerra. La lettera, consegnata ieri sera, non fa tuttavia menzione a una possibile azione palestinese alla Corte penale internazionale. Da parte palestinese si sono moltiplicate nei giorni scorsi le pressioni sull’Europa affinché prenda provvedimenti, anche economico-commerciali, contro l’alleato israeliano. Ma, come confermato oggi dal segretario agli Esteri britannico William Hague in Parlamento, l’Unione europea non sembra dimostrare “entusiasmo” sull’ipotesi di imporre sanzioni economiche contro Tel Aviv. Se la costruzione degli insediamenti continuerà, potrebbero esserci ulteriori passi diplomatici, ha aggiunto Hague, escludendo tuttavia il taglio delle relazioni. Gli ultimi progetti di costruzione nelle colonie, ha proseguito il segretario, renderebbero la fondazione dello Stato palestinese al fianco di Israele, con Gerusalemme capitale condivisa, “quasi inconcepibile”.
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