Bengasi (Libia), 22 set. (LaPresse/AP) – È di almeno quattro morti e 70 feriti il bilancio degli scontri di stanotte a Bengasi, in Libia, scoppiati al termine di un corteo di protesta contro le milizie al quale hanno partecipato circa 30mila persone. E’ quanto riferisce l’agenzia di stampa statale. Gruppi di manifestanti hanno attaccato prima il quartier generale della milizia islamica estremista Ansar al-Shariah a Bengasi, sospettata di aver giocato un ruolo nell’uccisione dell’ambasciatore Usa Chris Stevens lo scorso 11 settembre, e poi la sede di Rafallah Sahati, un’altra milizia. I dimostranti non erano armati e pare che i miliziani abbiano aperto il fuoco.
Nel pomeriggio, inoltre, è arrivata la notizia del ritrovamento di sei corpi senza vita di soldati, alla periferia di Bengasi. I militari sono stati uccisi con un colpo in fronte e sono stati ritrovati con le mani ammanettate. Lo riferisce l’emittente di Stato libica. Un colonnello dell’esercito risulta invece disperso e si teme sia stato rapito. Alcuni media accusano per gli omicidi le milizie che si sarebbero così vendicate di alcuni veterani dell’esercito dell’epoca di Gheddafi. Ma il portavoce dell’esercito, Ali al-Shakhli, accusa i lealisti dell’ex raìs che, a suo avviso, starebbero cercando di alimentare le tensioni tra popolazione e milizie.
Il corteo anti milizie di ieri è stata la più grande protesta a Bengasi dalla caduta di Muammar Gheddafi. Il problema delle milizie che spadroneggiano nelle città è molto sentito in Libia e la tensione è cresciuta ulteriormente a seguito dell’uccisione dell’ambasciatore americano Chris Stevens. “Non voglio vedere uomini armati che indossano abiti in stile afghano fermarmi per strada per darmi ordini, voglio solo vedere persone in uniforme”, ha spiegato uno studente universitario che ha partecipato ieri alla protesta, che è stata concepita a sostegno di esercito e polizia.
I membri del governo libico e le forze di sicurezza hanno fatto sapere di non essere abbastanza forti da compiere una repressione sulle milizie e le fazioni armate hanno in gran parte rifiutato gli inviti dell’esecutivo a unirsi all’esercito regolare e alla polizia. Il governo ha così istituito un ‘Alto comitato di sicurezza’ allo scopo di raggruppare le fazioni armate, un primo passo verso l’integrazione. Per incentivare i combattenti ad arruolarsi, inoltre, le autorità pagano loro uno stipendio di mille dinari, cioè circa 900 dollari, contro il salario di circa 200 dollari dei poliziotti.
I miliziani che si uniscono alle forze regolari, tuttavia, continuano a non rispettare l’autorità del governo, e i critici sostengono che la proposta allettante del salario alto abbia solo incrementato la formazione di più milizie. Secondo le stime di ufficiali ed ex comandanti dei ribelli, negli otto mesi di guerra civile contro Muammar Gheddafi hanno combattuto circa 30mila ribelli, ma quelli adesso iscritti al libro paga dell’Alto comitato di sicurezza sono ora diverse centinaia di migliaia.
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