In anniversario nascita Occupy Wall Street 200 arresti a New York

New York (New York, Usa), 17 set. (LaPresse) – Il primo anniversario della nascita di Occupy Wall Street si è concluso con l’arresto di circa duecento persone a New York. Ieri, i tamburi, i cori e le percussioni sono tornati a Zuccotti Park, ex quartier generale del movimento, dove i manifestanti si sono radunati ancora una volta in serata dopo varie dimostrazioni a Lower Manhattan. Wall Street è ancora blindata e lo spiegamento delle forze del New York Police Department sempre massiccio. Il piano di bloccare ogni accesso al New York Stock Exchange non è riuscito e i dimostranti sono stati circondati e spesso scortati dalle forze dell’ordine durante le loro marce e gli altri eventi previsti per la giornata di celebrazione e protesta.

In serata, molti membri del movimento sono apparsi frustrati. “Siamo appena tornati da una marcia indipendente, a cui ha partecipato un centinaio di persone, a One Police Plaza per mostrare il nostro supporto agli uomini e alle donne arrestati nella giornata del nostro anniversario. Come al solito, è stata una marcia pacifica. Siamo stati seguiti da un mucchio di poliziotti, ma alla fine siamo arrivati a destinazione. Non pensiamo che la libertà di parola e il diritto di assemblea siano un crimine”, ha detto la newyorkese Ashley Sousa. Non ci sono stati episodi di vera violenza, ma un rappresentante della polizia ha giustificato come misura preventiva la grande presenza di forze dell’ordine.

I membri del ‘99%’ sono apparsi meno numerosi rispetto allo scorso anno, passando da diverse migliaia a qualche centinaio di persone, ma hanno negato che il movimento stia perdendo vigore. Secondo alcuni, Occupy ha raggiunto una tale forza sui social network da non avere bisogno di un fulcro e della presenza continua di tutti i suoi membri nelle strade. “Il movimento – ha continuato Sousa – non farà che crescere. La più grossa vittoria di Occupy Wall Street è l’informazione di massa. Mi imbarazza dire che non ne sapevo tanto della corruzione fino a quando Occupy non mi ha istruita e ora sono più informata, e non è possibile tornare indietro. E così è accaduto per tanti altri. Abbiamo molte altre vittorie da raggiungere, ma la cosa che non potranno mai toglierci è che abbiamo informato il mondo e fatto una grande luce sulla corruzione, l’avidità, le frodi”.

Le elezioni si avvicinano e le opinioni sui candidati presidenziali tra gli attivisti di Occupy non convergono. “Sarei molto più contento con un sistema parlamentare simile a quelli europei. La gente deve votare per Obama e dargli un’altra chance. Non è perfetto ed obbligato ad essere un moderato, a causa del sistema bipartito”, ha detto un attivista travestito da Gesù, che portava con sé un carrellino con diversi simboli del bene e del male e una grande foto di Mitt Romney, raffigurato come un anti-Cristo con le corna. “Romney è il male peggiore che possa capitare a questo paese”, ha proseguito.

Di altro parere Jack, di Coney Island, secondo il quale Obama non è un uomo cattivo, ma è incapace di gestire affari ed economia. “Ho votato per Obama, ma ho fatto il grande errore di dimenticare la storia: il partito democratico non ha fatto mai del bene all’America. Tutto è iniziato con Jimmy Carter, un cattivo presidente che andò contro le unions, la spina dorsale di questo Paese, e a favore delle corporation. Poi nel 1999, Bill Clinton eliminò il Glass-Steagall Act del 1933, atto creato dal presidente Roosevelt per evitare le bolle speculative e un’altra Grande depressione, separando le banche commerciali che investivano nell’economia reale dalle banche di carattere finanziario speculativo. E’ a causa di Clinton che oggi esiste Occupy Wall Street”.

Cos’è oggi questo movimento? “Occupy Wall Street – ha commentato un attivista di Brooklyn – è come Woodstock: pace, amore, rock & roll. Ma c’è più rabbia, più interesse per la giustizia sociale. E ha un carattere spirituale, c’è solidarietà tra le persone, venute qui da ogni ambiente, da ogni città, vittime di questo tsunami finanziario”.

Dalla nostra corrispondente Valeria Rubino