Gerusalemme, 28 ago. (LaPresse/AP) – Rachel Corrie “si mise da sola in una situazione pericolosa” e la sua morte fu “il risultato di un incidente che lei stessa aveva attirato su di sé”. Con questa motivazione un tribunale israeliano ha respinto il ricorso della famiglia dell’attivista statunitense uccisa dai bulldozer israeliani nel 2003 mentre tentava di impedire l’abbattimento di una casa palestinese. I genitori della Corrie, Craig e Cindy Corrie, chiedevano un risarcimento simbolico di un dollaro.
Corrie morì a Rafah, investita da un mezzo corazzato. Il militare che era alla guida ha sempre sostenuto di non aver visto la giovane e l’esercito di Tel Aviv stabilì che si trattò di un incidente. I genitori della ragazza presentarono allora un appello civile contro le forze armate dello Stato ebraico, chiedendo la somma simbolica di un dollaro di risarcimento. L’esercito, afferma ora il giudice, condusse un’indagine adeguata quindi non è dovuto alcun risarcimento.
Gli israeliani stavano portando avanti una campagna di demolizioni delle case di palestinesi. L’obiettivo, secondo le autorità di Tel Aviv, era fermare gli attacchi contro l’esercito e coloni ebrei nella parte sud della Striscia, lungo il confine con l’Egitto. La comunità internazionale condannò la pratica che secondo l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, lasciò senza un tetto oltre 17mila persone tra il 2000 e il 2004. Per gli attivisti filopalestinesi Corrie è diventata il simbolo delle repressioni da parte delle autorità israeliane nei confronti del movimento nonviolento di protesta.
“Questa sentenza attribuisce la colpa alla vittima”, ha commentato Hussein Abu Hussein, legale dei genitori di Rachel Corrie. E’ un verdetto, ha aggiunto, che “non sorprende, è un altro esempio di come l’impunità ha prevalso sulla responsabilità e correttezza”. “Rachel Corrie – ha proseguito – è stata uccisa mentre stava protestando in maniera non violenta contro le demolizioni e l’ingiustizia a Gaza e oggi questo tribunale ha dato la propria approvazione alle pratiche sbagliate e illegali che non hanno protetto la vita di civili”.
I genitori stanno valutando un ricorso alla Corte suprema israeliana. Finora hanno già speso 200mila dollari per poter partecipare alle udienze e tradurre oltre duemila pagine di documenti del tribunale. “Siamo naturalmente profondamente addolorati e turbati da quello che abbiamo sentito oggi”, ha detto la madre della ragazza, Cindy Corrie, durante una conferenza stampa organizzata dopo l’annuncio del verdetto. “Credo – ha aggiunto – che sia stata una brutta giornata, non soltanto per la nostra famiglia, ma anche per i diritti umani, lo stato di diritto e Israele”. I familiari della 23enne hanno spiegato di voler leggere l’intera sentenza prima di prendere una decisione finale sul ricorso alla Corte suprema.
Durante la conferenza stampa Cindy Corrie ha letto un passaggio di una lettera scritta da Rachel, in cui raccontava della propria esperienza: “La vita è molto difficile. Gli esseri umani possono essere gentili, coraggiosi e forti anche nelle circostanze più difficili”.