Ecuador: Non negoziamo diritti, caso bielorusso Barankov come Assange

Quito (Ecuador), 23 ago. (LaPresse/AP) – L’Ecuador tratterà la richiesta di estradizione avanzata dal governo della Bielorussia nei confronti dell’ex investigatore di crimini finanziari Aliaksandr Barankov con lo stesso rispetto dimostrato nel caso di Julian Assange. Lo ha detto il vice ministro degli Esteri, Marco Albuja. “L’Ecuador – ha dichiarato Albuja ai giornalisti – darà importanza al fatto di non estradare un cittadino la cui vita è a rischio, per la pena di morte o l’ergastolo”.

IL CASO BARANKOV. Meno di un anno fa, un giudice dell’Ecuador aveva respinto la prima richiesta di estradizione per Barankov, che sosteneva di rischiare la pena di morte se rimpatriato, per aver portato alla luce casi di corruzione ai più alti livelli del governo. Il giudice Carlos Ramirez della Corte nazionale, si pronuncerà su una nuova richiesta di estradizione nei prossimi giorni. Il caso di Barankov è tornato alle cronache dopo la concessione dell’asilo diplomatico al fondatore di WikiLeaks, da parte dell’Ecuador, la scorsa settimana. Il 30enne bielorusso era stato arrestato a giugno, appena prima della visita del presidente Alexander Lukashenko nel Paese sudamericano. L’ex capitano di polizia è accusato in patria di frode ed estorsione, imputazioni che sostiene siano state sollevate nei suoi confronti dopo la sua scoperta di un giro di traffico di petrolio in cui sarebbero coinvolti parenti dello stesso Lukashenko. Barankov ha reagito bene alla promessa di Albuja. “Voglio dire – ha affermato via telefono dal carcere – che questo protegge non solo la mia vita, ma anche quella dei miei parenti”.

ECUADOR CONTRO PERSECUZIONI. Interrogato da Associated Press sul caso, ieri il presidente Correa aveva invece dichiarato: “Ovviamente noi respingiamo ogni attacco ai diritti umani e ogni persecuzione politica”. Correa ha aggiunto tuttavia di non voler commentare il caso fino al nuovo pronunciamento del giudice atteso, secondo un portavoce della corte, “nei prossimi giorni”. L’ultima parola sul caso, tuttavia, spetterà proprio al presidente.

CORREA: ASSANGE NON VUOLE FUGGIRE A GIUSTIZIA. Sempre ieri, Correa è tornato sul caso Assange, spiegando in conferenza stampa ai giornalisti riuniti a Quito che il fondatore di Wikileaks non ha cercato di sottrarsi alla giustizia svedese chiedendo asilo presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra. “Non è mai stata sua intenzione non rispondere alla giustizia svedese. Come governo, non lo avremmo mai permesso”, ha detto Correa. Secondo il presidente, Assange temeva semplicemente di essere estradato in un altro Paese, e “voleva la garanzia che questo non avvenisse. Garanzia che però non gli è mai stata data. Per questo abbiamo concesso l’asilo”. Il fondatore di Wikileaks è accusato di violenza sessuale e deve essere interrogato in Svezia. Il 19 giugno si rifugiò presso l’ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare l’estradizione, ordinata da un tribunale britannico.

PRESIDENTE SFIDA POTENZE MONDIALI. “L’Ecuador – ha voluto precisare ancora Correa – non negozia i suoi principi, i suoi valori, o i diritti umani. Ma discuteremo se loro (Regno Unito e Svezia, ndr) vogliano e provino a trovare una via d’uscita a questa impasse. Non comprometteremo mai i nostri principi né metteremo in pericolo i diritti umani di Assange”. Il leader ecuadoriano ha quindi lanciato un attacco finale, e ha dichiarato: “Continuano ad esserci potenze egemoniche che credono di essere proprietarie della verità e di essere signori del mondo, e non vogliono capire che il mondo sta cambiando”.