Siria, giornalista giapponese uccisa in scontri

Tokyo (Giappone), 21 ago. (LaPresse/AP) – La giornalista giapponese Mika Yamamoto è rimasta uccisa negli scontri in Siria, che seguiva per Japan Press e per alcune emittenti televisive. Lo ha riferito il ministero degli Esteri del Giappone tramite il portavoce Masaru Sato. Al momento della morte, ha spiegato Sato, la reporter si trovava con un collega di Japan Press, ma non sarebbe chiaro né quando né dove sarebbe stata uccisa. Il suo corpo è stato intanto trasferito in Turchia in attesa di essere rimpatriato dal consolato.

Yamamoto, nata nel 1967, era stata corrispondente dall’Afghanistan dopo il 2001 e dall’Iraq nel 2003. In un video su web (http://www.youtube.com/watch?v=PuS2lVjDQag&feature=youtu.be) si vede il corpo di una donna asiatica con il solo volto scoperto, che ribelli siriani e alcuni giornalisti, tra cui uno di Associated Press, confermano essere la reporter uccisa. Il capitano Ahmed Ghazali, combattente ribelle della città siriana di Azaz, nel filmato dichiara che Yamamoto è rimasta uccisa ad Aleppo e attribuisce la responsabilità all’esercito del presidente Bashar Assad.

“Accogliamo volentieri ogni giornalista che voglia entrare in Siria, garantiamo sicurezza all’ingresso ma non siamo responsabili delle brutalità delle forze di Assad contro i media”, dice nel filmato. Aggiunge poi di sperare che la morte della giapponese spinga un intervento internazionale: “Spero che i Paesi che non sono mossi ad agire dal sangue siriano lo saranno dal sangue della loro gente”.

Nello stesso video, il combattente fa sapere che due giornalisti stranieri sono stati catturati dalle forze governative ad Aleppo. Una nota dell’emittente al-Hurra con base a Springfield, in Virginia, fa sapere che la notizia del sequestro si riferisce al corrispondente Bashar Fahmi e al cameraman Cuneyt Unal. La testata precisa di non riuscire a contattarli da quando sono entrati in Siria ieri mattina. “Stiamo tentando di raccogliere maggiori informazioni sulla loro situazione. La sicurezza dei nostri giornalisti è la nostra principale preoccupazione”, dice la nota.