Il Cairo (Egitto), 4 mag. (LaPresse/AP) – A due giorni dal mercoledì di sangue in cui hanno perso la vita almeno nove persone, le strade del Cairo tornano ad infiammarsi. Nuovi scontri sono infatti scoppiati tra manifestanti e polizia nel distretto di Abbasiya, dove ha sede il ministero della Difesa e dove mercoledì si era consumato il massacro. Il ministero della Salute ha fatto sapere che negli scontri un soldato è morto e 373 persone sono rimaste ferite.

La giornata era iniziata con una dimostrazione pacifica in piazza Tahrir, a cui hanno preso parte migliaia di persone di diversi gruppi, tra cui Fratelli musulmani, salafiti e movimenti di sinistra. Il corteo, che ha mostrato cartelli come ‘No alla violenza. No allo spargimento di sangue’ e ‘Abbasso il governo militare’, chiedeva per l’ennesima volta ai generali di lasciare il potere ai civili e ha lanciato l’allarme per possibili brogli elettorali nelle elezioni che inizieranno il 23 maggio. Nel pomeriggio la folla si poi è spostata verso il ministero della Difesa, ad alcuni chilometri di distanza dalla piazza centrale simbolo delle proteste.

A partecipare al corteo diretto verso il ministero erano principalmente i sostenitori di Hazem Abu Ismail, islamista radicale escluso dalla corsa alle elezioni poiché figlio di una donna con cittadinanza statunitense, elemento che lo rende ineleggibile. Abu Ismail aveva incoraggiato i sostenitori a scendere in piazza. E oggi, dai microfoni di Al-Jazeera, il suo portavoce Gamal Saber ha denunciato: “Siamo davanti a un complotto che vuole far abortire la rivoluzione”. Ai salafiti diretti al ministero, si sono uniti oggi inizialmente anche liberali e gruppi di sinistra, in solidarietà per le morti di mercoledì e per difendere il diritto a manifestare. Presto però alcuni si sono ritirati quando un gruppo di manifestanti ha provato a superare il filo spinato che divideva la folla dai militari, posti a difesa del ministero. Tentativo che ha innescato la reazione delle forze di sicurezza e gli scontri. “La farsa di Abbasiya – ha commentato il gruppo di sinistra 6 aprile – mostra che questa è una battaglia che non serve gli interessi del popolo egiziano. Abbiamo deciso di ritirarci e di non partecipare allo spargimento del sangue egiziano”.

Al tentativo di avanzamento della folla, i soldati hanno risposto con idranti. Alcuni manifestanti hanno cercato rifugio dietro a lamiere di un cantiere vicino, mentre altri sono saliti su un tetto di un’università, tirando altri sassi verso i militari. Questi ultimi hanno ancora caricato con gas lacrimogeni per respingere la folla. La tv di Stato ha trasmesso in diretta immagini di soldati che hanno afferrato un manifestante e lo hanno picchiato con bastoni di metallo, strappandogli i vestiti e lasciandolo con la schiena sanguinante. Ma tra i feriti ci sono anche alcuni membri delle forze di sicurezza. Alcuni soldati con elmetti rossi sono stati infatti visti portare via un collega collassato con il naso sanguinante. Dopo ore di scontri, i militari sono riusciti a mettere in fuga i dimostranti che si erano accampati nella zona, obbligandoli a fuggire nelle strade vicine.

La contestazione di oggi ad Abbasiya, voleva denunciare il massacro di mercoledì, di cui ancora non sono state chiarite le dinamiche. In quell’occasione, i manifestanti islamici sostenitori di Abu Ismail organizzatori di un sit-in sono stati attaccati da un gruppo di uomini non identificati. Secondo i salafiti, gli assalitori sarebbero stati in realtà membri delle forze di sicurezza in borghese. Ieri i membri del consiglio militare hanno ripetuto la promessa di lasciare il potere una volta che sarà eletto il nuovo presidente. Ma al tempo stesso hanno chiesto ai cittadini di non tenere manifestazioni oggi nei pressi del ministero della Difesa, ribadendo il diritto dei soldati a difendere le proprie posizioni.

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