Libia a Cpi: Nostro diritto processare Saif al-Islam e al-Senoussi

Amsterdam (Olanda), 1 mag. (LaPresse/AP) – Il governo della Libia ha contestato formalmente il diritto della Corte penale internazionale dell’Aia di processare per crimini di guerra il figlio di Muammar Gheddafi, Seif al-Islam, e l’ex capo dell’intelligence del regime, Abdullah al-Senoussi, sostenendo che debbano essere guidicati sul suolo libico. Lo riferisce la stessa Corte. Quest’ultima è autorizzata dalle Nazioni unite a giudicare i crimini commessi durante la guerra civile in Libia e ha emesso un mandato di arresto per Saif al-Islam con l’accusa di omicidio e di aver perseguito civili nei primi giorni della rivolta contro Gheddafi, che ha portato alla caduta del raìs.

La Corte aveva fissato proprio oggi come ultimo giorno possibile affinché la Libia presentasse una contestazione formale alla sua giurisdizione. “La Libia – si legge nel documento – informa che il suo sistema giudiziario nazionale sta attivamente indagando sul signor Gheddafi e sul signor al-Senoussi per le loro presunte responsabilità in molteplici atti di omicidio e persecuzione, equivalenti a crimini contro l’umanità”. Seif al-Islam è stato catturato lo scorso anno dai ribelli ed è attualmente detenuto nella città occidentale di Zintan, mentre al-Senoussi è stato arrestato a marzo in Mauritania.

Secondo la legge internazionale, la Libia ha il diritto e il dovere di perseguire i sospetti criminali di guerra. Tuttavia la portavoce della Cpi, Sonia Robla, spiega che una volta che la Corte ha emesso un mandato di arresto per un sospetto non può ritirarlo, a meno che i giudici accertino che i sospetti vengano processati sostanzialmente per gli stessi reati per cui sono stati incriminati e che riceveranno un processo equo. Il documento presentato oggi sostiene che la Libia farà esattamente questo. Tuttavia, i gruppi per i diritti umani temono che Saif al-Islam non potrà avere un processo giusto e imparziale in Libia, specialmente vista la mancanza di controllo del governo su alcune parti del Paese, tra cui Zintan.

La Libia ha insistito sul fatto che il suo desiderio di processare i due ex esponenti del regime “riflette una volontà genuina e l’abilità di portare le persone interessate davanti alla giustizia”. “Negare al popolo libico la storica opportunità di sradicare la cultura di vecchia data dell’impunità – prosegue la richiesta – sarebbe chiaramente incompatibile con l’oggetto e lo scopo” del tribunale internazionale.