Oslo (Norvegia), 18 apr. (LaPresse/AP) – Anders Behring Breivik, l’autore delle stragi di Oslo e Utoya dello scorso 22 luglio in cui sono morte 77 persone, è tornato in aula per il terzo giorno riproponendo il saluto con il pugno chiuso. Breivik si è rifiutato ripetutamente di rispondere alle richieste di dettagli sul gruppo dei Cavalieri templari, al quale sostiene di appartenere. In particolare gli è stato chiesto di indicare chi siano gli altri membri del gruppo e di raccontare degli incontri che Breivik sostiene di aver avuto con loro.
I CAVALIERI TEMPLARI. I procuratori non credono nell’esistenza del gruppo “considerando il modo in cui Breivik lo descrive”. L’attentatore di Oslo, da parte sua, replica sostenendo che i Cavalieri templari esistano e che la polizia non abbia ancora fatto abbastanza per scoprirli. Il 33enne norvegese dice di aver realizzato gli attacchi di luglio per contro dei Cavalieri, che descrive come un gruppo militante nazionalista che combatte la colonizzazione musulmana dell’Europa.
L’INTERROGATORIO. Rispondendo alle domande pressanti della procuratrice Inga Bejer Engh, Breivik ha detto di aver incontrato “un eroe di guerra” serbo in esilio durante un viaggio in Liberia nel 2002, ma si è rifiutato di identificarlo. L’attentatore si è anche rifiutato di fornire dettagli sulla riunione di fondazione dei Cavalieri templari, che sostiene si sia svolta a Londra nel 2002. Breivik ha ammesso di avere un po’ esagerato nel manifesto pubblicato prima degli attacchi, in cui ha descritto gli altri tre membri che hanno partecipato alla riunione fondativa come “brillanti politici e tattici militari dell’Europa”. Il 33enne ha ammesso di aver usato un linguaggio “pomposo” e ha definito i partecipanti “quattro persone di grande integrità”. Quando la procuratrice gli ha chiesto invece se il meeting di Londra sia mai esistito ipotizzando che si tratti di un’invenzione di Breivik, l’imputato ha risposto: “Non ho inventato niente, quello che c’è nel compendio è corretto”. Poi ha concluso: “Bisogna guardare quello che è scritto nel contesto, è una glorificazione di certi ideali”.
IL PROCESSO. Questione centrale nel processo è stabilire la sanità mentale o meno di Breivik; da questo dipende infatti se l’imputato verrà mandato in prigione, con una pena massima di 21 anni, o in un centro di trattamento psichiatrico, in cui verrebbe trattenuto fin quando considerato una minaccia per la società.