Birmania, Suu Kyi incontra presidente, 23 aprile l’ingresso in Parlamento

Rangoon (Birmania), 11 apr. (LaPresse/AP) – La leader dell’opposizione birmana Aung San Suu Kyi ha incontrato questa mattina il presidente del Paese, a pochi giorni dallo storico ingresso del premio Nobel per la pace in Parlamento. “E’ stato un buon incontro”, ha commentato la 66enne premio Nobel per la pace, dopo essere tornata a Rangoon dal colloquio nella capitale Naypyitaw. Lo scopo dell’incontro era discutere il processo di democratizzazione, alcune questioni parlamentari e il processo di pace con gruppi ribelli, ha spiegato Nyan Win, portavoce della Lega nazionale per democrazia, partito fondato nel 1988 Suu Kyi.

Quest’ultima combatte da allora per un governo democratico in Birmania, contro l’ex regime militare, e ha trascorso 15 anni agli arresti domiciliari a causa delle sue attività e delle sue posizioni politiche. Il suo partito ha boicottato le elezioni generali a novembre 2010, stravinte dai militari, sostenendo che fossero segnate da brogli elettorali e non rispettassero i principi democratici. L’ex generale e primo ministro uscente Thein Sein è diventato presidente cinque mesi dopo, avviando riforme con cui allentare la tensione politica, dopo quasi cinquant’anni di repressione militare. Un incontro storico tra la Suu Kyi e Then Sein si è già tenuto lo scorso agosto, quando i colloqui aprirono la strada al ritorno in politica del partito Nld. La legge fu amendata e la Lega ha quindi potuto partecipare alle elezioni suppletive di questo mese.

Il partito della Suu Kyi ha ottenuto 43 dei 45 seggi, diventando la presenza più importante dell’opposizione nel Parlamento. La leader vi siederà per la prima volta come rappresentante del popolo birmano quando si aprirà la prossima sessione, prevista per il 23 aprile. Il risultato del voto è stato visto come una pietra miliare nella storia del Paese e ha anche rappresentato una svolta a livello internazionale. Il suo buon esito ha infatti allentato le pressioni sul Paese, portando gli Stati Uniti e l’Europa a eliminare sanzioni che aveva imposto all’ex regime, tra cui limiti in investimenti e servizi finanziari.