New York (New York, Usa), 3 feb. (LaPresse/AP) – Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite non è riuscito ieri a trovare un accordo sulla bozza di risoluzione volta a porre fine alla crisi in Siria. I diplomatici hanno rinviato i colloqui per consultarsi con i governi nazionali. L’ambasciatore britannico all’Onu, Mark Lyall Grant, ha detto ai giornalisti dopo la sessione che la nuova versione della risoluzione sarà sottoposta al voto “il prima possibile”, ma non è chiaro quando i colloqui riprenderanno né quando il Consiglio potrebbe votare. Il punto critico, hanno spiegato alcuni diplomatici che hanno parlato a condizione di anonimato, rimane il linguaggio usato nella bozza.
Gli inviati dei Paesi occidentali vogliono esprimere nel testo il sostegno per il piano di pace della Lega araba, mentre la Russia ha ribadito che respingerà la risoluzione se questa potrà essere interpretata come un invito al presidente Bashar Assad a dimettersi. “Il risultato finale è che abbiamo un testo che possiamo far valutare ai nostri governi e vediamo quale sarà l’esito”, ha detto dopo la sessione di ieri l’ambasciatore russo all’Onu, Vitaly Churkin. “Sarò contento – ha aggiunto – se questo processo finirà con successo”. “Abbiamo avuto colloqui che definirei a volte difficili, ma alla fine utili”, ha commentato l’ambasciatore Usa all’Onu, Susan Rice. “Stiamo lavorando – ha precisato – e non è ancora finita. Ci sono ancora alcune questioni complicate su cui i nostri governi dovranno deliberare”.
Nei prossimi giorni si terranno alcuni importanti incontri tra diplomatici del Consiglio di sicurezza, durante i quali potrebbe essere discussa la situazione in Siria. Tra questi, la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, in Germania, dove il segretario di Stato Usa Hillary Rodham Clinton parlerà della risoluzione con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Secondo l’Onu, almeno 5.400 persone sono morte nelle repressioni delle proteste antigovernative in Siria, iniziate a marzo dell’anno scorso. Il bilancio risale tuttavia a gennaio e da allora l’Onu non ha potuto aggiornare i numeri a causa del disordine nel Paese.