Guardia del corpo di Gheddafi: Pensava che il popolo lo amasse ancora

Misurata (Libia), 25 ott. (LaPresse/AP) – “Muammar Gheddafi era stressato e a volte davvero furioso. Ma per la maggior parte del tempo era solo triste e arrabbiato. Credeva che il popolo libico lo amasse ancora, anche quando gli abbiamo detto che Tripoli era stata occupata”. Quella che emerge dalle parole di Mansour Dao, ex guardia del corpo di Gheddafi, è un’immagine del colonnello sconfitto, ma che si rifiuta di lasciare il Paese dei suoi antenati e di scegliere una via di fuga per continuare malgrado tutto a vivere. “Mi dispiace per lui perché aveva sottovalutato la situazione. Sarebbe potuto partire, lasciare il Paese e vivere una vita felice”, continua Mansour, parlando ai giornalisti dalla sede del Consiglio nazionale di transizione libico a Misurata, dove è detenuto.

Gheddafi, ha raccontato Dao, era fuggito dalla sua residenza di Tripoli il 18 o il 19 agosto, poco prima dell’arrivo delle forze del Cnt nella città. Dopo la caduta della capitale, Gheddafi si è diretto a Sirte accompagnato dal figlio Mutassim. Saif al-Islam ha invece cercato rifugio a Bani Walid. La guardia del corpo ha raggiunto il colonnello a Sirte una settimana dopo, mentre l’ex capo dell’intelligence Abdullah al-Senoussi continuava a spostarsi tra Sirte e la città meridionale di Sabha, la terzultima roccaforte del regime. Gheddafi, Mutassim e circa 25 lealisti erano per la maggior parte del tempo tagliati fuori dal mondo. Vivevano in case abbandonate senza televisione, telefono, né elettricità. Il colonnello passava il tempo a leggere, prendere appunti o preparare il tè. “Non stava guidando la battaglia”, ha detto Dao, aggiungendo: “Lo facevano i suoi figli, lui non progettava niente, né pensava a un piano”.

A Sirte i lealisti erano comandati da Mutassim. Inizialmente c’erano 350 combattenti, ma poi molti sono fuggiti e verso la fine erano rimasti in 150. I membri dell’entourage del colonnello, racconta Dao, gli hanno più volte chiesto di dimettersi e di lasciare il Paese, ma lui si rifiutava dicendo che voleva morire nella terra dei suoi antenati. A Sirte il gruppo si spostava da un nascondiglio all’altro ogni quattro giorni, sempre all’interno del cosiddetto Distretto n.2. “Avevamo paura degli attacchi aerei e dei bombardamenti”, ricorda Dao, aggiungendo però che, a suo parere, Gheddafi non era spaventato.

Nel giorno in cui il raìs è stato catturato Dao si trovava con lui, a bordo di una Toyota Landcruiser verde oliva. Entrambi sono rimasti feriti, ma Dao è svenuto e non sa cosa sia successo al colonnello. La guardia del corpo è stata al servizio di Muammar Gheddafi dal 1980. Negli anni ’90 era il capo della sua sicurezza personale, quindi ha assunto il commando delle Guardie popolari, unità incaricata soprattutto di perseguire membri dell’opposizione.