Dopo 5 anni finisce l’incubo di Shalit, liberi anche 477 palestinesi

Gerusalemme, 18 ott. (LaPresse/AP) – Gilad Shalit è tornato a casa. Dopo oltre cinque anni di prigionia nella mani dei militanti di Hamas, il caporale dell’esercito israeliano ha potuto riabbracciare la famiglia e fare ritorno nella sua casa di Mitzpe Hila. La sua liberazione è stata accordata tra Hamas e Israele in cambio del rilascio di 1.027 prigionieri palestinesi. I primi 447 liberati ieri, gli altri 550 nei prossimi due mesi.

Pallido, molto magro, ma apparentemente in buona salute il 25enne Gilad è stato trasferito di prima mattina da Gaza in Egitto, a bordo di un Suv. Da qui è poi giunto, in tarda mattinata, a bordo di un elicottero militare, nella base militare Tel Nof, nel centro del Paese, dove ha riabbracciato la famiglia ed è stato accolto dal primo ministro Benjamin Netanyahu. Quindi ha proseguito, arrivando nel pomeriggio fino a casa, nel nord di Israele, sempre a bordo di un elicottero militare. Ad accoglierlo c’erano migliaia di persone. Prima di atterrare, l’elicottero ha effettuato alcuni giri sopra la cittadina di Mitzpe Hila. Dall’alto si potevano vedere molte persone in strada e sui tetti sventolare bandiere israeliane. La polizia ha chiuso le strade che portano alla comunità e nessuno ha potuto avvicinarsi all’abitazione della famiglia. Dopo l’atterraggio, il soldato è salito su un’auto che lo ha portato a casa.

“Il mio primo desiderio ora è vedere un accordo definitivo tra palestinesi e israeliani”, ha detto Shalit nella prima intervista rilasciata dopo la liberazione. “Una settimana fa – ha proseguito – ho saputo della mia liberazione e in quel momento ho sentito che finalmente era arrivata la mia libertà per la prima volta in cinque anni, ci ho creduto davvero”. Shalit, visibilmente emozionato e scosso, ha poi cercato di raccontare la sua reazione alla notizia del rilascio. “Non vi posso descrivere cosa ho sentito quando mi è stato detto che sarei stato liberato. La mia famiglia e gli amici mi sono mancati moltissimo, questo è ovvio, ma mi è mancato soprattutto l’impatto umano e il poter incontrare persone normali, civili, e non i soliti militari che mi hanno tenuto compagnia in questi cinque anni”. L’intervista in esclusiva è stata realizzata da un’emittente egiziana e non sono mancate le critiche da parte di Tel Aviv, secondo cui non faceva parte degli accordi sul rilascio.

Grande comunque la soddisfazione delle autorità israeliane. “Il mio compito – ha detto Netanyahu – era riportare Gilad Shalit a casa. Ho capito che c’era il bisogno di diminuire il più possibile la minaccia verso i cittadini israeliani ed ecco perché ho fissato delle richieste ben precise. La prima: che i leader di Hamas, inclusi gli assassini, rimangano in prigione. La seconda: che la maggior parte dei rilasciati sia espulsa o resti al di fuori del territorio israeliano”. Il premier si è poi concentrato sull’accordo con Hamas. “Non accettare le condizioni di Hamas – ha continuato – avrebbe ritardato la liberazione di Shalit, cosa già accaduta in passato. Non volevamo che il suo destino fosse come quello di Ron Arad, rapito 25 anni fa e mai tornato”. “In alcuni casi – ha proseguito – i leader sono soli a prendere decisioni difficili. I ministri del governo hanno sostenuto la mia scelta e oggi Shalit è tornato a casa dalla sua famiglia, dalla sua gente e nel suo Stato. Questo è un momento di grande commozione”.

Emozionato anche il padre del ragazzo che, parlando con i giornalisti fuori dalla casa di Mitzpe Hila, dopo il ritorno del figlio, ha detto che ci vorrà tempo affinché Gilad riesca a riprendersi dalle ferite psicologiche e fisiche riportate durante i cinque anni di prigionia, ma ora spera in una “vita normale”. Secondo il padre, Gilad sta ancor soffrendo per le ferite da schegge di granata riportate nell’azione del suo rapimento e dovrà recuperare per la lunga assenza di esposizione alla luce del sole. “Ovviamente – ha continuato il padre – Gilad non può essere esposto a tutta questa gente perché è rimasto in isolamento per così tanti giorni e anni, senza poter interagire con persone che parlavano la sua lingua. Poteva comunicare solo con i suoi sequestratori e le guardie”. Noam Shalit ha poi aggiunto che il figlio non ha riferito molto sulla sua prigionia, tranne che il trattamento a cui è stato sottoposto era negativo all’inizio ma è migliorato negli ultimi anni. L’uomo ha poi ringraziato la popolazione di Israele che per anni ha sostenuto la famiglia e ha chiesto alla gente di rispettare la loro privacy.

Grandissima anche la gioia da parte palestinese. I primi 447 detenuti delle carceri israeliane hanno lasciato il Paese in mattinata, alcuni con direzione Striscia di Gaza, circa 350, altri verso la Cisgiordania. Quarantatrè, quelli ritenuti da Tel Aviv i più pericolosi, si sono invece fermati in Egitto e alcuni di questi saranno espatriati in Qatar, Turchia e Siria. Ankara ha già confermato che darà ospitalità a una decina di palestinesi. Ad accoglierli nella capitale egiziana c’era il leader di Hamas Khaled Mashaal, che ha definito lo scambio dei prigionieri come una vittoria della sua organizzazione. “Israele è stato costretto a pagare il prezzo”, ha detto Mashaal, aggiungendo che aver nascosto Shalit per oltre cinque anni nel minuscolo territorio della Striscia di Gaza è “un miracolo e un onore per la nazione”. Lo scambio, ha notato inoltre Mashaal, ha creato un’atmosfera positiva per i colloqui sulla riconciliazione dei palestinesi. Il leader di Hamas ha rivelato di aver parlato con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas dei piani per elaborare una strategia comune.

La popolazione di Gaza ha atteso con ansia l’arrivo degli ex detenuti, accampata sotto un grande palco decorato con un murales che mostrava la cattura di Shalit. Le autorità hanno consegnato panini e bevande alle persone in arrivo, mentre guardie di sicurezza di Hamas erano schierate sui tetti degli edifici affacciati sul campo. “Ringraziamo Dio per il vostro ritorno e la vostra salvezza”, ha commentato il presidente Abbas da Ramallah . “Voi – ha proseguito – siete combattenti della libertà e guerrieri sacri che si sono battuti per l’amore di Dio e della nostra terra”.