Nuovo venerdì di sangue in Siria: 11 vittime in diverse città

Beirut (Libano), 14 ott. (LaPresse/AP) – Almeno 11 persone sono state uccise oggi nell’ennesimo venerdì di proteste in Siria, dove oggi migliaia di oppositori del regime sono scesi in strada per chiedere la fine del governo del presidente Bashar Assad e esprimere il sostegno ai soldati disertori che combattono contro i lealisti del regime. Secondo quanto riferiscono i Comitati di coordinamento locali, cinque persone sono state uccise nel villaggio meridionale di Dael. Altre, tra cui un ragazzino di 14 anni, sono morte in un sobborgo di Damasco, nel villaggio meridionale di Inkhil, e nelle campagne di Aleppo. Solo ieri nei combattimenti hanno perso la vita almeno 25 persone, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani con sede a Londra.

Le proteste che hanno avuto luogo oggi in diverse parti del Paese sono state soprannominate ‘Soldati liberi’, in onore degli ufficiali dell’esercito che si sono schierati con i manifestanti e che si stanno scontrando con i lealisti del governo di Bashar Assad nelle città del nord e del centro. “L’esercito e il popolo sono una cosa sola”, hanno urlato i manifestanti a Dael. In altri luoghi i dimostranti hanno mostrato cartelli con le scritte: “Liberate i soldati, non uccidete le persone che chiedono la libertà”.

“Non servirò in un esercito che distrugge il mio Paese e uccide il mio popolo”, si legge in un post sulla principale pagina di Facebook dedicata alla rivolta siriana. Le manifestazioni di oggi sono stata la più chiara dimostrazione di sostengo da parte del movimento di protesta nei confronti dei disertori dell’esercito. Dopo gli arresti di massa, le violenze e la decisione di non intervenire da parte della comunità internazionale, molti siriani pensano ormai che i disertori siano l’unica speranza per abbattere il governo di Assad. L’Esercito libero siriano, come sono conosciuti i dissidenti, sono guidati da un colonnello delle forze aeree recentemente fuggito in Turchia. Il gruppo conta oltre 10mila membri e sta prendendo slancio per la prima volta dall’inizio delle proteste. Ma, come spiega, Hozan Ibrahim, portavoce dei Comitati di coordinamento locali, le proteste di oggi non erano volte a incoraggiare la defezione di per sé. “Quello che chiediamo – ha spiegato – è che ufficiali e soldati si rifiutino di sparare ai manifestanti e, quando questo non sia possibile, disertino”.

Oggi l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani ha fatto salire a oltre 3mila morti la stima delle vittime nelle rivolte. Rupert Colville, portavoce dell’Alto commissario Onu per i diritti umani, precisa che fra le vittime ci sono 187 bambini, e che 100 persone sono state uccise solo negli ultimi 10 giorni. Secondo l’Onu, inoltre, centinaia di persone sono state arrestate e torturate o sono scomparse.