Gaza (Striscia di Gaza), 13 ott. (LaPresse/AP) – Fonti di Hamas hanno rivelato alcuni dettagli dell’accordo con il governo israeliano che prevede la liberazione del soldato Gilad Schalit, detenuto a Gaza dal 2006, in cambio del rilascio di oltre mille prigionieri palestinesi. Un ufficiale di Hamas, che ha parlato a condizione di anonimato perché non era autorizzato a diffondere la notizia, ha detto che l’accordo prevede nella prima fase la liberazione di 450 prigionieri palestinesi. A circa 272 di loro sarà permesso di tornare nelle loro case in Cisgiordania, Striscia di Gaza, Gerusalemme e Israele. Gli altri 178 saranno probabilmente deportati in altri Paesi o nella Striscia. Le deportazioni saranno un duro colpo per i familiari dei detenuti, molti dei quali aspettano da decine di anni per rivedere i loro cari.
Altre 550 persone dovrebbero essere rilasciate nella seconda fase, tra circa due mesi. La prima tappa potrebbe essere conclusa il prossimo martedì o mercoledì, ha rivelato un altro ufficiale di Hamas, Saleh Aruri. Le altre parti coinvolte nell’accordo, i mediatori egiziani e i funzionari israeliani, non hanno confermato la data. Aruri è uno dei quattro ufficiali di Hamas coinvolti nei negoziati. Le autorità carcerarie israeliane, ha spiegato Aruri, consegneranno i prigionieri palestinesi al Comitato internazionale della Croce rossa, mentre Hamas consegnerà Schalit alle autorità egiziane. “Israele libererà i nostri amati fratelli e sorelle”, ha detto Aruri a una rete locale leale ad Hamas.
Fonti del movimento hanno riferito che tra i primi prigionieri rilasciati ci saranno sette persone che hanno passato circa 30 anni nelle carceri israeliane. Il leader di Hamas, Khaled Mashaal, è oggi al Cairo per un incontro con il capo dell’intelligence egiziana Mourad Mowafi per discutere dell’aspetto logistico del rilascio dei prigionieri. È probabile che molti palestinesi criticheranno Hamas per aver detto di sì a così tante deportazioni, ma ufficiali del movimento sottolineano che la liberazione di mille prigionieri è un successo di per sé. Israele insiste sulle deportazioni perché teme che, una volta liberati, i prigionieri potrebbero costituire una minaccia per lo Stato ebraico.