Bruxelles (Belgio), 13 set. (LaPresse/AP) – I ribelli libici che stanno combattendo per rovesciare il colonnello Muammar Gheddafi si sono resi colpevoli di omicidi e torture. È quanto emerge da un rapporto di oltre 100 pagine diffuso da Amnesty International. La ricerca, basata su tre mesi di indagini in Libia, non mette sullo stesso piano le violenze commesse dalle forze del regime, più estreme, e quelle dei ribelli, ma specifica che i crimini di questi ultimi non sono da sottovalutare.

“Membri e sostenitori dell’opposizione – si legge nel rapporto – strutturati approssimativamente sotto la leadership del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) hanno commesso abusi sui diritti umani, che in alcuni casi rappresentano crimini di guerra, anche se su scala minore”. Secondo Amnesty i ribelli hanno condotto uccisioni sommarie di oltre una decina di lealisti di Gheddafi e ufficiali della sicurezza di Tripoli tra aprile e inizio luglio. E appena dopo la presa del potere nell’est della Libia, gruppi di ribelli hanno “colpito con armi da fuoco, impiccato e linciato” decine di soldati catturati e sospetti mercenari.

Mohammed al-Alagi, ministro della giustizia del Cnt, sostiene però che la descrizione delle azioni dei ribelli sia errata. “Loro – spiega – non sono militari, ma solo persone comuni”. Se i ribelli hanno commesso degli errori, aggiunge, non si può parlare proprio di “crimini di guerra”.

Inoltre, il rapporto di Amnesty spiega che entrambe le parti in conflitto hanno fomentato il razzismo e la xenofobia, scatenando attacchi contro africani sub-sahariani, che sono stati rapinati e sono divenuti oggetto di abusi da parte dei cittadini libici. “A febbraio – spiega ad Ap Television Nicolas Beger, direttore dell’ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee – si sono diffuse voci secondo cui Gheddafi stesse usando uomini di colore come mercenari. Non era vero. Ma il Cnt non ha fatto molto per frenare queste credenze e ora si è creato un senso di vendetta contro gli africani sub-sahariani. Che siano o meno coinvolti nelle azioni di Gheddafi, ora rischiano di essere presi al lavoro, in casa o per strada e venire torturati e uccisi”. Secondo Beger, gli abusi stanno continuando anche sotto il nuovo governo. “Abbiamo parlato con alcune guardie che hanno ammesso l’uso della forza. Hanno detto: ‘Si, abbiamo utilizzato la violenza per ottenere delle confessioni, per costringere le persone a consegnare le armi’. Questo fenomeno deve essere controllato. È una delle priorità di cui le nuove autorità devono occuparsi”.

Il rapporto di Amnesty elenca anche una serie di presunti crimini commessi dalle forze di Gheddafi. I lealisti hanno ucciso e ferito decine di manifestanti disarmati, hanno fatto sparire gli oppositori, usato bombe a grappolo illegali, lanciato attacchi di artiglieria, mortaio e razzi contro zone residenziali, e, senza procedimenti legali, hanno giustiziato i prigionieri. Migliaia di libici sono stati sequestrati da case, moschee e strade. Tra loro, scrive il rapporto, anche bambini di 12 anni. La ricerca di Amnesty si basa su una viaggio d’inchiesta in Libia avvenuto tra il 26 febbraio e il 28 maggio, e riguarda eventi avvenuti fino alla fine di luglio.

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