Beirut (Libano), 17 ago. (LaPresse/AP) – Nell’atto di accusa pubblicato oggi dal Tribunale speciale per il Libano (Tsl) nei confronti di quattro membri di Hezbollah sospettati per l’omicidio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri non ci sono prove dirette del coinvolgimento degli uomini nell’organizzazione dell’attentato avvenuto il 14 febbraio del 2005. Nel preambolo dell’atto i procuratori ammettono che le accuse si basano soprattutto su indizi “che formano un quadro logico tramite deduzione e inferenza”.
I procuratori hanno analizzato una vasta rete di registri telefonici per collegare la “squadra omicidio” con l’attentato suicida in cui hanno perso la vita Hariri e altre 22 persone. Gli investigatori hanno tracciato i movimenti dei sospettati usando la registrazione degli spostamenti dei loro cellulari fatta da antenne di ripetizione del segnale. Le registrazioni, si legge nell’atto, hanno dimostrato “un coordinato uso di questi telefoni per organizzare l’attentato”. Prima dell’omicidio sono state effettuate molte telefonate, che però si sono interrotte due minuti prima dell’esplosione. I cellulari in questione non sono stati mai più usati. Gli attentatori avevano inoltre seguito i movimenti dell’ex premier per alcune settimane per scoprire i diversi percorsi seguiti dal suo convoglio. Il giorno dell’attentato hanno fatto detonare circa 2.500 chili di materiali esplosivi nascosti in un furgoncino della Mitsubishi parcheggiato vicino a un albergo di Beirut.
Il cervello del complotto, proseguono i procuratori del Tsl, era Mustafa Badreddine, un comandante di Hezbollah che fece esplodere le baracche dei soldati statunitensi a Beirut nel 1983, uccidendo 241 americani. Gli altri sospettati sono Salim Ayyash, noto anche come Abu Salim, Assad Sabra e Hassan Oneissi, che ha cambiato il nome in Hassan Issa. Secondo i procuratori, Ayyash ha comandato la squadra, mentre gli altri due uomini avevano il compito di avanzare una falsa rivendicazione per sviare le indagini.
“Il testo nelle nostre mani è basato su analisi e non su prove chiare”, ha commentato il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. “Di coloro che sono stati incriminati non si dovrebbe parlare come di persone accusate, ma trattate in una maniera ingiusta”, ha aggiunto. La maggior parte delle informazioni contenute nell’atto, ha poi notato il leader di Hezbollah, erano state diffuse dai media negli ultimi due anni, il che dimostra che l’indagine era stata gravemente contaminata.
“Ai leader di Hezbollah viene chiesto semplicemente di dissociarsi dagli accusati. Questa presa di posizione passerà alla storia”, ha risposto Saad Hariri, figlio dell’ex premier Rafik. Saad ha quindi chiesto ai leader del gruppo sciita di consegnare i sospettati al Tsl e di collaborare con i procuratori.