New York (New York, Usa), 3 ago. (LaPresse/AP) – “Sfortunatamente, nessun accordo finale è stato oggi possibile”. L’ambasciatore russo alle Nazioni unite Vitaly Churkin riassume così l’esito della riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza organizzata per cercare di arrivare a una risoluzione che condanni la repressione in Siria. Dopo lunghe discussioni, gli ambasciatori hanno interrotto l’incontro in serata e accettato di riprendere i negoziati mercoledì mattina dopo aver parlato con le rispettive capitali. Spero che la pausa notturna, ha detto Churkin, permetta ai membri “di vedere se un terreno comune è possibile”.
I rappresentanti hanno discusso a partire da una bozza di risoluzione europea, a cui Brasile e altri Paesi hanno apportato delle modifiche. L’ambasciatore indiano Hardeep Singh Puri, attuale presidente del Consiglio Onu, aveva dichiarato che una decisione sarebbe stata presa nella notte, ma così non è stato. Le differenze principali tra i membri riguardano la natura della decisione, ovvero se sia meglio adottare una risoluzione vincolante o emettere una più debole dichiarazione della presidenza. Altro punto chiave, secondo quanto rivelato da un ambasciatore presente ai colloqui che ha parlato a condizione di anonimato, è il modo in cui affrontare da un lato la violenza contro i civili disarmati e dall’altro gli attacchi alle forze di sicurezza siriane. Secondo Stati Uniti e Paesi europei non si possono mettere sullo stesso piano la strage dei civili e gli attacchi ai soldati, anche a causa del numero delle vittime. Sarebbero oltre 1.700, secondo gruppi di attivisti, le persone uccise nella repressione delle proteste.
Un’apertura è arrivata dalla Russia, la cui posizione pare meno categorica rispetto all’iniziale minaccia di porre il veto alla risoluzione. Il governo di Mosca ha fatto sapere che non si opporrà a una risoluzione del Consiglio con cui condannare la violenza, a patto, però, che non imponga sanzioni. Altri membri, tra cui India, Brasile e Sudafrica sono convinti che la soluzione migliore sia la dichiarazione presidenziale.