Si ferma il Pil italiano nel terzo trimestre del 2018. Il dato Istat fornito martedì mattina, è piuttosto sconfortante: crescita zero con il Pil (sui primi tre trimestri dell'anno) fermo allo 0,8% e una proiezione su base annua pari all'1 per cento, ben al di sotto dell'1,2% previsto e scritto in manovra. Un dato che, ovviamente, mette in discussione le basi stesse della manovra che prevede una crescita dell'1,2% nel 2018 per poi salire all'1,5% e all'1,6% nel 2019 e 2020.
I numeri forniti dall'Istat sembrano dare ragione a chi (come la Commissione Ue) ha giudicato ottimistiche le previsioni su cui si basa la manovra di bilancio. Se il 2018 (come ormai prevedibile e previsto) si chiudesse con un Pil in crescita dell'1 per cento, per arrivare all'1,5% alla fine dell'anno prossimo si dovrebbe ipotizzare nel 2019 un incremento fortissimo (50%) della crescita della nostra economia. Cosa attualmente non ipotizzabile. Ma il premier Giuseppe Conte mantiene il punto: "È un dato congiunturale, riguarda l'intera area. Lo avevamo previsto e proprio per questo abbiamo fatto una manovra espansiva che mira a invertire questo trend. Non rivediamo alcunché. Si parla di rivedere il 2,4%. Il 2,4% è quello. Abbiamo detto che è il tetto massimo, non intendiamo superare il 2,4%".
Ecco il commento dell'Istat: "Nel terzo trimestre del 2018 la dinamica dell'economia italiana è risultata stagnante, segnando una pausa nella tendenza espansiva in atto da oltre tre anni. Questa stima, che ha natura provvisoria, riflette dal lato dell'offerta la perdurante debolezza dell'attività industriale – manifestatasi nel corso dell'anno dopo una fase di intensa espansione – appena controbilanciata dalla debole crescita degli altri settori", si legge ancora in una nota.
Di fronte a questo dato debole l'indice Ftse Mib ha accelerato al ribasso (-0,9% a 18.869 punti) e lo spread tra Btp e Bund ha infranto quota 300 punti base.
Immediate arrivano le repliche della politica: "L'economia italiana si blocca dopo la ripresa di questi anni. Le scelte folli di questo governo ci stanno riportando indietro tutta, vanificando i sacrifici degli italiani #ladridifuturo", scrive su Twitter Maurizio Martina. A cui fa eco Maria Elena Boschi: "Abbiamo salvato l'Italia riportando il segno più grazie ai #MilleGiorni. È arrivato il Governo del Cambiamento e il PIL torna a zero. Con Salvini e Di Maio stiamo andando verso la recessione #PoveraPatria".
Critico anche Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori: "Il governo deve rifare tutti i calcoli, visto che le stime del Def sono, alla luce dei dati di oggi, palesemente sballate". "È di tutta evidenza che la nostra economia sta pesantemente rallentando e che la stima del Governo contenuta nel Def, di avere una crescita nel 2018 pari all'1,2% è ormai, purtroppo, una chimera", osserva Dona, "di conseguenza salta anche la stima di avere nel 2019 un Pil a +1,5% e tutte le previsioni in rapporto al Pil, ossia deficit e debito, sia per il 2018 che per il 2019".
M5S – Ma il M5S ribalta il verdetto dei dati Istat sul governo precedente e sostiene che la "Manovra del Popolo" risolverà il problema. Lo fa con un documento dei parlamentari pentastellati della commissione bilancio della Camera: "I dati Istat sul Pil del terzo trimestre certificano quanto andiamo dicendo da tempo: la manovra del Partito Democratico è recessiva. Chi ha governato sino ad oggi lascia in eredità un Paese con un Pil stagnante, la disoccupazione alle stelle, il precariato diffuso e una fragilità economica frutto di scelte scellerate, fatte di tagli agli investimenti e di indebolimento dei consumi interni. Gli italiani non hanno creduto alle favole renziane e hanno mandato a casa un Governo che ci lascia in eredità soltanto macerie. Su queste macerie è necessario costruire l'Italia di domani. Con la Manovra del Popolo l'Italia sarà in grado di reagire immediatamente, grazie alle misure espansive e pro crescita in essa contenute, come il rilancio degli investimenti produttivi, il sostegno al reddito degli italiani in difficoltà e l'abbassamento della pressione fiscale sulle imprese"