Intervista allo storico che descrive il nuovo presidente come "essenziale, concreto e colto"
"Enzo Boccia è molto essenziale, va al concreto. E' un uomo colto, fa citazioni che testimoniano letture non solo d'attualità di sociologia ed economia, ma anche di letteratura e filosofia. E poi ama la musica. Dà l'idea di aver maturato qualche anno in più rispetto ai 52 che ha. Pacato, sobrio e misurato. Valuta esattamente e misura le parole". Questo il ritratto fulminante del nuovo presidente di Confindustria fatto dallo storico Valerio Castronovo, che nel 2015 per Laterza ha scritto il libro 'Arti Grafiche Boccia-Un'impresa italiana all'avanguardia' frutto di 18 mesi di lavoro, interviste e visite nell'azienda di Salerno fondata da Orazio Boccia, figura decisiva nella formazione di Enzo e del fratello Maurizio, anche lui impegnato in azienda.
Da dove arrivano i Boccia?
Orazio, classe 1932, era scugnizzo e orfano nel secondo dopoguerra. Si salvò grazie ad un orfanotrofio dove ricevette anche i primi insegnamenti da un tipografo profugo di Pola. Comunista incrollabile, ha trasmesso ai figli una certa etica del lavoro, l'impronta del padre si sente. L'idea del dovere.
Impronta che continua tutt'oggi?
Orazio a 84 anni sta tutto il giorno in tipografia, è la sua vita. Non si è mai allontanato ed è esigente con i figli come con se stesso: loro oggi hanno il dovere dell'innovazione e per questo si sono indebitati per investire.
Che Confindustria sarà quella di Boccia?
Molto 'sul pezzo', dà un'impressione diversa rispetto a Squinzi, che forse è più appagato. Enzo è in corsa.
Una definizione che sembra 'renziana'?
No, lui deve anzi ribadire l'autonomia di Confindustria dal Governo.
Anche la dialettica sarà quindi distante dallo 'storytelling' governativo?
E' difficile scottarlo, è severo con una durezza di fondo. Ha caratteri che sembrano nordici, al di là dei luoghi comuni. Parla come ha imparato nella sua esperienza, non si perde in tanti fronzoli.
Qual è la principale caratteristica di Vincenzo Boccia?
Ha la capacità di cominciare da zero un rapporto, e poi quella di tenere i contatti. Lo si vede dentro l'azienda, dove c'è affiatamento, sono tutti addetti e tecnici specializzati. E hanno anche trovato il modo di correlare i salari agli incrementi di produttività.
Che poi è la contrattazione di secondo livello, che quindi sarà rafforzata?
Enzo ha messo nel programma quanto ha sperimentato in azienda, i suoi non sono programmi astratti.
Continuità e rinnovamento sono il punto centrale del programma, non c'è alternativa per Confindustria?
La continuità per Confindustria è una scelta obbligata. Come lo è il cambiamento, per tornare protagonista. Per Vacchi il cambiamento era solo nelle relazioni industriali, sulla base del famoso contratto di Federmeccanica. Ma non basta, il problema delle imprese oggi è il rapporto con il mondo del credito, e Boccia ha lavorato alla delega sul credito che Giorgio Squinzi gli ha assegnato.
Banche decisive nella storia della Arti Grafiche Boccia. Quale era la ricetta di famiglia?
Erano affidabili, non erano 'ciaciaron', chiacchieroni. Le banche sapevano che si indebitavano, ma poi facevano fronte agli impegni puntualmente. Hanno messo tutte le risorse nell'azienda, anche le loro auto. E anche con le donne hanno fatto gruppo.
A proposito di banche, nel programma di Boccia si parla per ben due volte dei rischi connessi a regolamentazioni europee che limitino il possesso di titoli di Stato nei bilanci delle banche. E' un tema che gli sta così a cuore?
Su questo versante ha molta esperienza, ne sa più di altri, e si è fortemente impegnato. Batterà questo tasto.
Quindi sulle banche Boccia interverrà?
Oggi si deve stabilire una linea e un impegno da parte delle banche sul breve e medio periodo, non si possono incrementare investimenti senza il supporto solido delle banche perché si cresce rinnovando i processi, aggiornandosi sugli impianti e le tecniche commerciali.
'Ossessione per la crescita' presente nel programma di Boccia e nella storia dell'azienda di famiglia.
Sono passati da un laboratorio in un sottoscala ad una srl fino ad avere uno stabilimento con debiti fino al collo dal 1973 al 1988, passando dall'essere una piccola impresa in un settore maturo, ad una media azienda con 160 dipendenti attraverso investimenti in macchinari, solo il meglio sul mercato. Enzo andava a vedere le nuove rotative di persona, ha poi innovato anche la relazione con il mercato, cavalcando l'arrivo di internet, quando non contava più la localizzazione, potendo rimanere a Salerno che non è fine del mondo, ma è una zona periferica.
Una famiglia di lavoratori, lontani dagli intrallazzi della politica. Sarà così anche in Confindustria?
Non avevano agganci, si sono affermati grazie alle capacità tecniche e organizzative. Come ad esempio il lavoro che Enzo ha fatto come a.d., estendendo le relazioni nei mercati difficili come Francia, Germania, Svezia, Danimarca e Regno Unito. Faceva l'agente. E non aveva credenziali politiche.
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