Milano, 3 apr. (LaPresse) – “Lo spread basso vuol dire che il nostro debito sovrano è ritenuto solo moderatamente più rischioso del debito tedesco. Il debito pubblico, però non si paga sullo spread, ma sul tasso nominale: fondamentale non è lo spread ma il costo del debito. Il 3,5% di tasso passivo è quello che genera il costo del debito”. Così Mariano Bella, capo dell’ufficio studi di Confcommercio, commenta le possibili ripercussioni del calo dello spread Btp-Bund sull’economia reale e sui conti dello Stato. C’è poi, secondo Bella, anche un altro aspetto rilevante da tenere a mente: “I conti pubblici a settembre furono redatti tenendo conto di una media dello spread di 200 punti base – spiega Bella – con tasso di rendimento al 4%. Oggi quindi sono possibili dei margini di manovra, ottenendo delle risorse che possono essere usate per la riduzione delle imposte e per dare un leggero aiuto ai comuni”.

Attenzione, però, ai facili trionfalismi, o a rendere strutturali queste entrate. Secondo Bella infatti “bisogna mantenere salda la barra del debito per arrivare a fine anno con questi tassi. Nel 2011 lo spread schizzò a 500 punti base in poche settimane. Come in passato potrebbe risuccedere. Se non si mantengono i 165 punti base, questi risparmi potrebbero svanire”. Il Governo Renzi, sembra però sulla strada giusta per evitare quegli scenari apocalittici: “Credo che si debba mettere in evidenza che con il nuovo Governo che prometteva tante cose, si sarebbe potuto generare un clima di sospetto, con una crescita degli spread a 250 – spiega Bella – ma gli investitori internazionali hanno dato un apertura di credito a questo Governo come non si vedeva da tempo”. Un clima di fiducia che si estende anche alle famiglie “che dicono che nell’immediato la situazione è ancora brutta, ma hanno ritrovato la fiducia” spiega Bella.

Molti dubbi invece Bella ce li ha sui famosi 80 euro in più in busta paga. Una detrazione Irpef destinata a chi guadagna meno di 15mila euro all’anno, ma c’è un problema: “Per ora non capisco come saranno distribuiti. C’è infatti il problema dei cosiddetti ‘incapienti’, cioè i pensionati che percepiscono meno di 7.500 euro annui e i lavoratori che guadagnano sotto gli 8000 euro annui. Mi chiedo come gli diamo questi 80 euro, se non pagano tasse, e quindi non si può detrarre nulla” dice Bella. “Bisogna trovare un modo rapidamente, e come si farà con chi non ha il conto corrente bancario?” si chiede ancora il responsabile dell’ufficio studi di Confcommercio. Infine c’è un altro rischio sui nostri conti pubblici, ovvero l’inflazione bassa, “grazie a cui il debito pubblico, in termini reali costa di più”, conclude Bella.

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