Nobel per la Letteratura 2025, il premio all’ungherese László Krasznahorkai

Nobel per la Letteratura 2025, il premio all’ungherese László Krasznahorkai

Lo scrittore 71enne insignito dall’Accademia svedese è autore di romanzi e racconti

Lo scrittore ungherese Laszlo Krasznahorkai ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2025 per “la sua opera avvincente e visionaria”. Nato a Gyula nel 1954, è considerato dalla critica il più importante scrittore ungherese vivente e uno tra i maggiori autori europei. Tra i suoi romanzi più noti ‘Satantango’ (1985) e ‘Melancolia della resistenza’ (1989).

L’Accademia svedese: “Sua opera avvincente e visionaria”

L’accademia svedese ha premiato Krasznahorkai “per la sua opera avvincente e visionaria che, nel mezzo del terrore apocalittico, riafferma il potere dell’arte”. László Krasznahorkai “è un grande scrittore epico di tradizione mitteleuropea che si estende da Kafka a Thomas Bernhard, ed è caratterizzato da assurdismo ed eccessi grotteschi – si legge nelle motivazioni – Ma il suo stile è più ampio, e guarda anche a Oriente adottando un tono più contemplativo e finemente calibrato”.

Chi è il nuovo Premio Nobel per la Letteratura

Autore dei romanzi ‘Satantango’ e ‘Melancolia della resistenza’, è considerato dalla critica il più importante scrittore ungherese vivente e uno tra i maggiori autori europei. In carriera ha vinto nel 2015 il Man Booker International Prize, premio a cui è stato nuovamente candidato nel 2018. Ha collaborato inoltre con il regista Bela Tarr come sceneggiatore di cinque pellicole. Le sue opere sono tradotte in molte lingue, in Italia è pubblicato da Bombiani. Ha lasciato il suo Paese nel 1987 per trasferirsi a Berlino Ovest per poi vivere negli Usa, in Cina e in Giappone. Negli anni ha trascorso anche dei periodi a Trieste, da lui definita “città che amo”.

Nato nel 1954 nella cittadina di Gyula, vicino al confine con la Romania, e cresciuto in una famiglia ebrea della classe media, il suo primo romanzo, Satantango, pubblicato nel 1985, è ambientato proprio in uno scenario rurale e segna una prima svolta della sua carriera, diventando un fenomeno letterario in Ungheria. Il libro racconta, in termini fortemente suggestivi, le vicissitudini di un gruppo di indigenti residenti in una fattoria abbandonata nella campagna ungherese, poco prima della caduta del comunismo. L’elemento satanico che richiama al titolo dell’opera si ispira agli inganni di Irimias, figura carismatica creduta morta e comparsa improvvisamente nel villaggio anni dopo esser sparita. Tutti i personaggi del libro attendono che accada un miracolo, speranza vana al lettore fin dall’introduzione del romanzo. ‘Satantango’ è stato trasposto in un film nel 1994 in collaborazione con il regista Bela Tar.

La critica americana Susan Sontag ha presto incoronato Krasznahorkai “maestro dell’apocalisse” della letteratura contemporanea dopo aver letto il secondo lavoro dell’autore, ‘Melancolia della resistenza’, uscito nel 1998. Si tratta di un fantasy horror ambientato in una piccola città ungherese in una valle dei Carpazi. Fin dalla prima pagina il lettore si trova immerso in un vertiginoso stato di emergenza. Cruciale per la drammatica sequenza degli eventi è l’arrivo in città di un circo spettrale, la cui attrazione principale è la carcassa di una balena gigante. Questo spettacolo misterioso e minaccioso mette in moto forze estreme, innescando il dilagare di violenza e vandalismo. Nel frattempo, l’incapacità dell’esercito di impedire l’anarchia apre alla possibilità di un colpo di stato dittatoriale. Utilizzando scene oniriche e caratterizzazioni grottesche, Laszlo Krasznahorkai ritrae magistralmente la brutale lotta tra ordine e disordine.

Nell’opera successiva, ‘Guerra e guerra’ (2006), lo scrittore ungherese sposta la sua attenzione oltre i confini della sua terra, raccontando la storia dell’umile archivista Korin che, come ultimo atto della sua vita, decide di fare un viaggio dalla periferia di Budapest a New York per far conoscere un antico manoscritto scoperto da poco. La prosa di Krasznahorkai si è evoluta in una sintassi fluida, con frasi lunghe e sinuose, prive di punti, diventata uno dei suoi tratti distintivi. ‘Guerra e guerra’ anticipa il romanzo del 2019 ‘Il ritorno del barone Wenckheim’, in cui l’autore gioca con la tradizione letteraria. Il protagonista, dipendente dal gioco d’azzardo, sta tornando nella sua terra, l’Ungheria, dopo aver trascorso molti anni in esilio in Argentina. Qui spera di ricongiungersi con il suo amore d’infanzia, che non riesce a dimenticare. Sfortunamente durante il viaggio incontra il perfido Dante, una versione in negativo di Sancho Panza. Il culmine del romanzo, per molti versi il momento più comico, è la gioiosa accoglienza riservata al barone dalla comunità locale, che il malinconico protagonista cerca a ogni costo di evitare. Alle storie ‘apocalittiche’ di Krasznahorkai si può aggiungere ‘Herscht 07769’, ambientata in una cittadina della Turingia, in Germania, afflitta da anarchia sociale, omicidi e incendi dolosi. Sullo sfondo c’è la vicenda dell’eredità di Johann Sebastian Bach. Il libro è stato definito un grande romanzo tedesco contemporaneo, per la sua accuratezza nel descrivere il malcontento sociale del paese. Allo stesso modo, il protagonista principale Herscht è l’archetipo del bambino credulone e dal cuore grande, che reagisce con forza quando si rende conto di aver riposto la sua fiducia proprio in quelle stesse forze che si celano dietro le devastazioni della città.

Tra le influenze di Laszlo Krasznahorkai – frutto di viaggi in Cina e Giappone – c’è anche il mondo orientale, che dà un tono più contemplativo alle sue opere. ‘A Mountain to the North, a Lake to the South, Paths to the West, a River to the East’ è un racconto misterioso con potenti sezioni liriche ambientato a sud-est di Kyoto, una sorta di preludio di ‘Seiobo There Below’, raccolta di diciassette racconti uscita nel 2013 disposti secondo la sequenza di Fibonacci sul ruolo della bellezza e della creazione artistica in un mondo di cecità e impermanenza. Il filo conduttore del libro è il mito giapponese di Seiobo, che secondo la leggenda protegge il giardino che, ogni tremila anni, produce frutti che garantiscono l’immortalità.

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