Milano, inchiesta Beic: chiesto il processo per Stefano Boeri e Cino Zucchi

Secondo i pm il bando di gara per la progettazione della Biblioteca europea dell'informazione e della cultura sarebbe stato truccato da conflitti di interesse

La Procura di Milano ha chiesto di processare Stefano Boeri, Paolo Cino Zucchi e altri 4 architetti, con accuse a vario titolo di turbativa d’asta in concorso e false dichiarazioni, nell’ambito dell’inchiesta sul bando di gara internazionale da 8,6 milioni di euro per la progettazione della Biblioteca europea dell’informazione e della cultura (Beic) di Milano finanziata da fondi Pnrr. I pubblici ministeri Giancarla Serafini, Paolo Filippini e Mauro Clerici, che con l’aggiunta Tiziana Siciliano hanno coordinato l’inchiesta del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di finanza, hanno chiesto al gip di rinviare a giudizio il presidente della Triennale e il professore del Politecnico interdetti, che lo scorso febbraio erano stati interdetti dalle “commissioni giudicatrici” dal gip Luigi Iannelli. Con loro è stato chiesto il processo anche per gli architetti Pier Paolo Tamburelli – membro della cordata vincitrice della gara Beic – Angelo Raffaele Lunati e Giancarlo Floridi – primi classificati con gli studi professionali Baukuh-Onsitestudio-Sce Project – e Andrea Caputo. È stata chiesta l’archiviazione per Manuela Fantini.

Caso Beic, perché Boeri e Zucchi sono indagati

Secondo l’inchiesta, la gara relativa alla Beic, che nel luglio 2022 ha assegnato la progettazione del nuovo polo bibliotecario da 101 milioni di euro sarebbe stata truccata da “situazioni di incompatibilità” fra membri della giuria (Boeri-Zucchi, presidente e membro della commissione) e i vincitori, e da conflitti di interesse concreti e potenziali non dichiarati. Sono contestati contatti, incontri e “conversazioni telefoniche/telematiche” fra Tamburelli, Zucchi (23-27-29 giugno) e Boeri (23 e 27 giugno), fino all’incontro avvenuto “personalmente” nei pressi della “sua abitazione” la sera del 4 luglio a meno di 24 ore dalla decisione sulla Beic. “Mandami tue note su valori del progetto… soprattutto funzionali”, scrive Boeri ad Andrea Caputo 5 giorni prima della seduta decisiva, in teoria all’oscuro di chi fossero i partecipanti al bando. In risposta ne riceve una lunga descrizione di 23 righe con i dettagli della proposta architettonica in corsa che si classificherà terza, aggiudicandosi un premio in denaro da 44.518,51 euro. Le chat sequestrate dai militari sono del 30 giugno 2022 alle 15.10 quando, secondo i verbali della commissione, è in corso fra le 14.30 e le 18 la seduta per “l’esame dei progetti”. Il vaglio definitivo avverrà il 5-6 luglio e poi l’annuncio dei primi 5 classificati l’11 luglio. Già due settimane prima, il 14 giugno, Caputo chiede all’archistar e progettista del Bosco Verticale un incontro “per farti vedere quel progetto”. Il 6 luglio terminano i lavori della commissione Beic. Per le regole del bando Beic “l’abbinamento” fra i progetti anonimi e i “nominativi dei partecipanti” sarebbe stato reso noto alla giuria solo l’11 luglio, nella giornata della discovery. Boeri scrive a Caputo: “Siete bene classificati ma non avete vinto. Mi spiace. Cino (Cino Zucchi, ndr) – e non solo lui – non apprezzava il progetto. Che comunque è arrivato fino alla fine… Quando vuoi ti racconto anche se fino a lunedì tutto è ancora non comunicabile”. Per il gip, che ne ha disposto le interdittive temporanee, le due archistar, di 68 e 69 anni, hanno ceduto “con grande facilità alla spinta a delinquere” lasciando “trasparire un approccio disinvolto” e “per certi versi proprietario” delle “regole che presidiano l’imparzialità dell’attività amministrativa”. Avrebbero mostrato una “leggerezza tale” nel “commettere i reati” da lasciar “intendere che sia proprio questa la modalità ordinaria” con cui partecipano alle “procedure pubbliche”. Nelle 66 pagine di provvedimento vengono citate le “modalità smaccate” come quella di violare “la regola dell’anonimato” e la “cancellazione mirata dei messaggi di whatsapp” nei telefoni, sequestrati nel 2023 dalla guardia di finanza, o l’utilizzo di “sistemi di messaggistica” come Telegram “noti proprio per una maggiore discrezione e sicurezza”.