Ennesimo suicidio in carcere: a Torino un detenuto è stato trovato impiccato in cella. “Il 31esimo morto in carcere per suicidio, questa volta è nel carcere di Torino. Varie quelle che possono essere definite le cause: un effetto porte girevoli – spiega Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp – il detenuto avrebbe potuto essere scarcerato. D’altra parte questo suicidio si colloca in un contesto locale devastante dove non c’è equità anche nella distribuzione del personale. In tali contesti la tutela anche della salute dei detenuti è estremamente ardua”.
Sostanzialmente il detenuto sarebbe potuto non essere in carcere: era in attesa dell’udienza di convalida che si sarebbe dovuta tenere questa mattina. Con effetto “porte girevoli” Beneduci si riferisce al fatto che sostanzialmente il detenuto non doveva trovarsi in carcere. La vittima aveva 42 anni, di origini nordafricane e si trovava nel padiglione B sezione prima accoglienza. Secondo quanto apprende LaPresse si sarebbe impiccato con i lacci delle scarpe. L’Osapp ha rimarcato più volte una situazione “devastante e devastata” nelle carceri di Torino, parlando spesso di “mancata trasparenza” nella gestione del personale e anzi “totale assenza di trasparenza in particolare nell’assegnazione dei posti di servizio”.
“D’altra parte a livello nazionale sono aumentati i detenuti” ma “il personale è diminuito” dunque non si riescono a “prevenire certi gesti”.
Era stato arrestato, tra gli altri, per i reati agli artt. 336 e 337, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale e 337 resistenza ad un pubblico ufficiale.
“L’uomo era già noto alle forze dell’ordine e si sarebbe impiccato utilizzando dei lacci. Intorno alle 6 di mattina è stato trovato al Padiglione B dagli Agenti di servizio. Immediatamente giunto il 118 ha accertato la morte”, afferma Vicente Santilli, segretario per il Piemonte del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “Esprimiamo innanzitutto il nostro profondo cordoglio per la perdita di una vita umana – prosegue il sindacalista -. È sempre doloroso, per chi lavora nel mondo penitenziario, trovarsi di fronte a simili tragedie che lasciano un senso di impotenza e di profonda amarezza. Ma ancora una volta, siamo costretti a sottolineare quanto la questione del disagio psichico e del rischio suicidario all’interno degli istituti penitenziari rappresenti una vera emergenza nazionale. La Polizia Penitenziaria, pur con abnegazione e professionalità, continua a operare in condizioni di costante tensione, spesso in solitudine operativa e senza gli strumenti idonei per affrontare adeguatamente situazioni così complesse”.