La memoria depositata al gip di Pavia in vista dell'incidente probatorio sul dna di Andrea Sempio: "Bici, bugie e sangue sono le prove contro Stasi"

Secondo i legali della famiglia di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco (Pavia) il 13 agosto 2007, quelle in corso con le nuove indagini della procura di Pavia – che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio per il delitto – sono “iniziative” volte a “sovvertire la sentenza di condanna” di Alberto Stasi, che è stata “raggiunta” con “assoluta certezza” e “oltre ogni ragionevole dubbio”. Gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, legali del padre e del fratello di Chiara, Giuseppe e Marco Poggi, oltre che della madre Rita Breda, lo hanno scritto in una memoria depositata al gip pavese Daniela Garlaschelli in vista dell’incidente probatorio chiesto dai pm per confrontare il dna di Sempio con quello sui frammenti delle unghie della ragazza.

I legali della famiglia Poggi: “Dna già analizzato 27 volte”

La “generica evocazione di una compatibilità” non del “profilo” ma di “uno dei profili” genetici trovati e già “oggetto” di “27 analisi effettuate” non “modifica in alcun modo il quadro probatorio”, scrivono gli avvocati ricordando come già nel 2017 il gip di Pavia, archiviando la prima inchiesta su Sempio, abbia stabilito la “impossibilità” di una “qualsiasi identificazione dotata di valore scientifico” di quel materiale biologico. Nelle 7 pagine i legali riportano anche le parole della sentenza della Corte d’assise d’appello di Milano che ha condannato Stasi a 16 anni il 17 dicembre 2014: “Chiara non si è difesa e non ha reagito affatto, a ulteriore conferma del rapporto di estrema confidenza e intimità col visitatore e del fatto che proprio per questo si fidasse di lui e non si aspettasse in nessun modo di venire così brutalmente colpita”, scrissero i giudici.

“Bici, bugie e sangue sono le prove contro Stasi”

La bicicletta, il sangue, i pedali, le bugie sul ritrovamento del corpo di Chiara Poggi. Sono queste le prove della colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio” di Alberto Stasi, che i legali passano in rassegna in un altro passaggio della memoria. La prima è la “mancata menzione della bicicletta nera da donna” da parte di Stasi e di cui riferirono “entrambi i suoi genitori”. La seconda “la presenza di un rilevante quantitativo di dna” della vittima sui pedali della “bici bordeaux” ma “originariamente presenti sull’altra bicicletta”. Fatto che portò a scoprire “l’operazione di montaggio e smontaggio” per “occultare l’imbrattamento dei pedali”. Per gli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna c’è soprattutto la “palese falsità del racconto” di Stasi sulla scoperta del corpo della fidanzata nella villetta di via Pascoli. Smentito dalle perizie Bitelli-Vittuari-Testi che hanno “accertato l’impossibilità di attraversare la scena del delitto senza lasciare tracce” sulle suole ‘a lisca di pesce’ delle scarpe Lacoste e sui ‘tappetini’ della Volkswagen Golf. Al contrario, il tema della taglia delle scarpe dell’autore del delitto – individuate nelle sentenze come un paio marca Frau numero 42 – non ha mai “assunto alcun rilievo decisivo” nella condanna del fidanzato di Poggi se non per “l’anomalo svolgimento degli accertamenti” svolti da un maresciallo dei carabinieri, poi condannato in via definitiva per falsa testimonianza.

Le scarpe hanno un “ridotto rilievo indiziario”

Le scarpe hanno un “ridotto rilievo indiziario” – sottolinea la memoria – nonostante Stasi abbia consegnato agli inquirenti durante le perquisizioni calzature “delle taglie più varie”, fra cui un paio marca Frau numero 43 che per una “svista” sono state “erroneamente indicate” nel verbale del 20 agosto 2007 come marca “Camper”, scarpe diverse da quelle “estive” “verosimilmente acquistate a Spotorno nel 2006”. Un comportamento che desta “ex post delle oggettive perplessità”. “In ogni caso”, aggiungono i legali dei Poggi, se il tema “scarpe” diventasse importante per “l’impronta ‘a pallini'” sul “tappetino del bagno”, segnalata da una consulenza della difesa Stasi per contestare l’individuazione delle Frau numero 42 come quelle del killer e ritenuta dalla Corte di Cassazione il “dato nuovo” nella sentenza con cui ha obbligato il gip di Pavia a riaprire le indagini a carico di Andrea Sempio (richiesta che per due volte era stata negata alla Procura), è questo il punto su cui si dovrebbe “calibrare l’attività d’indagine”. Non gli “accertamenti irripetibili” sul dna di Sempio, previsti per l’incidente probatorio al via il 9 aprile, che sono “del tutto decontestualizzati dalla dinamica dei fatti” e basati su un’ipotesi “allo stato priva di qualsiasi supporto”. Rischiano inoltre di “precludere per il futuro analisi mirate – concludono – fondate su specifiche esigenze di chiarimento“.

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