Le motivazioni con cui è stata annullata la sentenza d'Appello che aveva riconosciuto le generiche riducendo la pena dall'ergastolo a 24 anni

Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la pronuncia della Corte d’Assise d’Appello di Roma a carico dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, i principali imputati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, avvenuto a Colleferro (Roma) il 6 settembre 2020 durante un pestaggio. Il rinvio è stato disposto dalla Suprema Corte perché, secondo i giudici, la Corte di secondo grado non ha fornito una sufficiente motivazione per il riconoscimento delle attenuanti generiche per i fratelli Bianchi, in seguito al quale la pena è stata portata a 24 anni in Appello dopo l’ergastolo disposto in primo grado. I giudici del primo grado, annotano i magistrati della Cassazione nelle 107 pagine delle motivazioni, “avevano negato ai suddetti imputati le attenuanti”, “considerando che, per un verso, nessun aspetto connesso all’incontestabile gravità del fatto, concretatosi nella brutale uccisione di un giovane inerme, era suscettibile di determinare attenuazioni di pena e che, per altro verso, negativa era la valutazione della loro pronunciata capacità a delinquere, essendo essi gravati da carichi pendenti per reati inerenti a violenza e condannati in secondo grado per spaccio di sostanze stupefacenti, persone note nel loro contesto come picchiatori, facenti parte della chat denominata ‘la gang dello scrocchio‘, dotati di personalità allarmante, privi di attività lavorativa eppure connotati da tenore di vita elevato, nonché protagonisti di un comportamento post factum dimostrativo dell’assenza di qualsiasi revisione critica del loro gravissimo operato deviante”.

“Appello si è limitato a far leva su dolo eventuale”

Scrivono ancora i giudici della prima sezione penale della Cassazione, presieduti da Monica Boni, che “a fronte della specifica sottolineatura emergente dalla prima decisione – con precisi riferimenti alle modalità dell’azione, alle connotazioni del contesto agito e alle plurime lesioni cagionate alla sconosciuta e inerme vittima – in merito alla particolare gravità del fatto, vale a dire del delitto nel suo insieme di elementi, sia quello strutturale che quello psicologico”, “la Corte di Assise di appello si è limitata a far leva sulla natura eventuale del dolo che ha sorretto l’azione omicidiaria per superare le considerazioni ostative spese dai giudici di primo grado”. Insomma, “i giudici di appello hanno concentrato la loro valutazione sul criterio del dolo posto a base dell’azione, omettendo di inserirlo – sia pure, ove del caso, per annettere allo stesso rilevanza determinante – nel complesso di elementi a cui la prima decisione aveva operato un compiuto riferimento“.

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