L'udienza di convalida del fermo si terrà probabilmente lunedì
Si trova in cella da solo, sotto stretta vigilanza, e non ha fatto nessuna richiesta particolare Moussa Sangare, il 31enne fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni a Terno d’Isola. Al suo legale Giacomo May, che questa mattina lo ha incontrato nel carcere di Bergamo, Moussa è apparso “frastornato”. “L’ho trovato come ieri, stanco e provato” ha detto May a LaPresse. L’udienza di convalida del fermo si terrà probabilmente lunedì.
Legale Sangare: “Accertare suo stato mentale è il minimo”
Quello della possibile ‘incapacità’ mentale di Mooussa Sangare “è un aspetto da approfondire e valutare eccome. Che sia già emerso, quindi, non mi stupisce per nulla, mi sembra normalissimo”. Lo dice a LaPresse Giacomo Maj, legale del 31enne fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni. “Anche solo vedendo quanto emerso fino ad ora, mi sembra il minimo accertare lo stato mentale e psichico di una persona che ha dato questa ricostruzione dei fatti”, afferma Maj. “E’ ancora presto per qualsiasi iniziativa ma il fatto che sia un aspetto da valutare non mi stupisce per nulla”, conclude l’avvocato.
Legale famiglia Sharon: “Stupito si parli di ‘incapacità’ Sangare”
“Ho sentito parlare in queste ore di ‘raptus improvviso’, di ‘scatto d’ira’ e assenza di premeditazione, tuttavia faccio notare che, stando alle informazioni rese pubbliche ieri, il signor Moussa Sangare sarebbe uscito dalla propria casa di Suisio con ben quattro coltelli di significative dimensioni e prima di uccidere Sharon a Terno d’Isola ha avuto tutto il tempo di minacciare anche altre due persone. Queste farebbero bene a farsi avanti”. Così in una nota l’avvocato Luigi Scudieri, legale dei genitori di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa a Terno d’Isola.
“Mi ha molto stupito, inoltre, che si sia parlato di ‘verosimile incapacità’ subito dopo il fermo, prima ancora di un esame completo di tutti gli atti di indagine e del pieno completamento degli accertamenti investigativi”, aggiunge Scudieri.
Caso Verzeni, i testimoni: anche noi stranieri, ma abbiamo fatto arrestare killer
“L’unico rimpianto è non aver potuto fare qualcosa per salvare Sharon. Se fossimo stati più vicini al luogo dell’omicidio, forse avremmo potuto salvarla”. A dirlo in una intervista a Repubblica sono i due testimoni – italiani di origine marocchina – che hanno ai carabinieri di quell’uomo di origine africana in bicicletta – poi rivelatosi Moussa Sangare – che avevano incrociato la notte dell’omicidio. Uno ha 25 anni e lavora come commesso in un negozio di abbigliamento di lusso. L’altro ne ha 23 e fa l’autista in un grande magazzino.
“Era più o meno mezzanotte, eravamo a Chignolo vicino alla farmacia e davanti al cimitero dove ci siamo fermati per fare delle flessioni. A quel punto sono passati due nordafricani in bicicletta, poi un terzo. Lui ci è rimasto impresso, perché era un po’ strano. Aveva una bandana in testa e un cappellino, uno zaino e gli occhiali. Ci ha fissato a lungo e poi ci ha fatto una smorfia. Non lo avevamo mai visto prima. Abbiamo raccontato di quel ragazzo quando siamo stati chiamati in caserma. A un certo punto – dicono i due giovani – ci hanno fatto anche i complimenti perché ci ricordavamo tutto”.
I due ragazzi, ora, si sentono “orgogliosi per essere stati utili all’identificazione dell’assassino“. “Noi abbiamo avuto la cittadinanza da ragazzini, a quindici anni. Vogliamo far riflettere che se il killer è di origini straniere, lo siamo anche noi. Forse senza la nostra testimonianza sarebbe libero. Pensiamo di aver fatto il nostro dovere”, concludono.
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