La situazione di "angoscia" determinata dalla pandemia potrebbe portare alle attenuanti generiche per Antonio De Pace, che nel 2020 ha ucciso Lorena Quaranta

Una sentenza che fa discutere quella della Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Messina che aveva condannato all’ergastolo per femminicidio l’infermiere 32enne Antonio De Pace, che ha strangolato e ucciso la fidanzata, la studentessa di medicina 27enne Lorena Quaranta, il 31 marzo del 2020 in un’abitazione a Furci Siculo, in provincia di Messina. I giudici della Suprema Corte hanno disposto di rinviare gli atti alla corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria per valutare la possibile applicazione delle attenuanti generiche ed eventualmente ridurre la pena: nella loro condanna per il killer, i giudici del secondo grado non avrebbero tenuto conto che l’imputato si trovava in una situazione di stress e di angoscia dovuto al periodo di lockdown da Covid-19 in cui sono successi i fatti. Scrivono i giudici nel dispositivo con cui hanno accolto il ricorso – presentato dagli avvocati difensori, Salvatore Silvestro, Salvatore Staiano e Bruno Ganino – che occorre verificare se “la specificità del contesto possa, e in quale misura, ascriversi all’imputato per non avere efficacemente tentato di contrastare lo stato di angoscia del quale era preda o se la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica, con tutto ciò che essa ha determinato sulla vita di ciascuno e, quindi, anche dei protagonisti della vicenda, e, ancor più, la contingente difficoltà di porvi rimedio, costituiscano fattori incidenti sulla misura della responsabilità penale“. 

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