L'indagine svela "clientelismo" nelle "assunzioni" ed "esborsi" non giustificati dalla "prestazione lavorativa" effettivamente svolta

Per il tribunale del riesame di Milano le accuse di corruzione agli ex manager della Fondazione Milano Cortina 2026 vanno temporaneamente riqualificate nel reato di ‘corruzione fra privati’, ma non inficiano in alcun modo le perquisizioni e i sequestri di pc e telefoni eseguiti lo scorso 21 maggio dalla guardia di finanza. È quanto stabilisce il collegio Savoia-Ambrosino-Nosenzo nelle 14 pagine dell’ordinanza con cui ha respinto il ricorso dell’ex digital director della Fondazione, Massimiliano Zuco assistito dall’avvocato Marco Sangalli di Lecco, indagato con l’ex ad Vincenzo Novari e l’imprenditore Luca Tomassini. La questione riguarda la natura ‘pubblica’ o ‘privata’ del comitato organizzatore dei giochi olimpici su cui si è consumato lo scontro fra i pubblici ministeri di Milano Tiziana Siciliano, Alessandro Gobbis e Francesco Cajani con il governo. Per il riesame, tuttavia, si è in una fase delle indagini preliminari e dei sequestri cautelari e probatori per cui al momento non ci sono le “condizioni” per “sollevare una questione di legittimità costituzionale”

Riesame: “Nella Fondazione smaccati favoritismi e clientele”

L’indagine della Procura di Milano sugli ex manager della Fondazione Milano Cortina 2026 e gli appalti olimpici svela “clientelismo” nelle “assunzioni”, “esborsi anche importanti” non giustificati dalla “prestazione lavorativa” effettivamente svolta e un “deficit di bilancio che si è nel tempo amplificato in progressione geometrica”. Lo scrivono i giudici del tribunale del riesame di Milano nel provvedimento con cui hanno respinto la richiesta di annullamento del decreto di perquisizione e sequestro a carico di Massimiliano Zuco, ex capo del digital dell’ente, pur riqualificando temporaneamente il reato da corruzione a corruzione fra privati. Secondo il tribunale della libertà c’è stato un “rapporto di causa-effetto” tra l’ingresso nella Fondazione del manager Zuco e “l’apprezzamento privilegiato” delle società Vetrya e Quibyt dell’imprenditore indagato Luca Tomassini, già in affari con l’ex ad Vincenzo Novari. Canali preferenziali “nell’affidamento dei servizi digitali” in cambio delle “utilità economiche” date a Zuco, come una smart, lo stipendio a cinque zeri da dirigente della fondazione (circa 800mila euro in due anni) e altre 22mila euro di fatture per “un’operazione quando meno dubbia” per “l’acquisto” di “non meglio specificate mappe digitali”. “Utilità”, annotano i giudici “riconnesse alla violazione dei doveri” sia parte di Zuco che dell’ex ad Novari che “avrebbero dovuto guidare l’azione” guardando a “l’interesse” della Fondazione e “non in termini di smaccato favoritismo”.

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