L'allarme dell'Osservatorio Nazionale: nella penisola ci sono ancora 40 milioni di tonnellate della fibra cancerogena

Il commovente annuncio dell’ex inviato Rai Franco Di Mare della sua lotta contro il mesotelioma, tumore causato dall’esposizione all’amianto, ha nuovamente posto l’attenzione sulle tragedie di migliaia di lavoratori deceduti a causa di malattie provocate dal pericoloso minerale cancerogeno. E sui 125 milioni di persone in tutto il mondo che ancora sono esposti alla fibra, di cui circa 107mila muoiono ogni anno, senza che ci sia un bando globale del commercio dei prodotti e materiali contenenti asbesto. 

In Italia duemila diagnosi di mesotelioma nel 2023

A riguardo l’Osservatorio Nazionale Amianto denuncia: “La più elevata incidenza di casi di mesotelioma e altre malattie asbesto correlate che in Europa, solo nel 2023, ha causato 70mila decessi, ha indotto finalmente il Parlamento Europeo a riflettere sulla prevenzione primaria e a sollevare l’attenzione sul rischio dell’amianto con una nuova direttiva entrata in vigore il 20 dicembre 2023 che ha introdotto importanti modifiche alla protezione dei lavoratori esposti durante l’attività lavorativa, ma in Italia la questione sembra essere stata trascurata nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con un solo accenno all’argomento”.

Negli ultimi 10 anni in Italia “sono decedute per malattie asbesto correlate circa 60mila persone. Nell’anno 2023 l’Osservatorio Nazionale Amianto ha censito circa 2.000 casi di mesotelioma, con un indice di mortalità, rapportato ai 5 anni antecedenti, di circa il 93% dei casi”. Nello stesso anno “sono state circa 4.000 le nuove diagnosi di tumore del polmone per esposizione ad amianto (al netto del fumo e degli altri agenti cancerogeni), con un indice di sopravvivenza (a 5 anni) stimato del 12% per un calcolo di circa 3500 decessi. Si deve poi tener conto che l’amianto provoca asbestosi con ripercussioni cardiache, con un impatto che è stato censito nella misura di 500 decessi, cui vanno aggiunte le altre neoplasie, tra cui il cancro della laringe, della faringe, dell’esofago, dello stomaco, del colon, delle ovaie, e il colangiocarcinoma del fegato, con un impatto complessivo di più di 7mila decessi e di 10.000 nuovi malati“.

Tra gli oltre 30mila casi esaminati nel settimo Rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi, pubblicato il 14 febbraio 2022, il 70% delle modalità di esposizione è stato direttamente collegato alle condizioni lavorative. L’edilizia, la metalmeccanica e i cantieri navali emergono come settori a rischio, ma le tracce di amianto sono state rinvenute anche in settori inaspettati come gli impianti di raffinazione e perfino gli zuccherifici.

La mappa del rischio

Ancora nel 2024 sono presenti 40 milioni di tonnellate di amianto all’interno di 1 milione di siti e micrositi, di cui 50mila industriali, e 42 di interesse nazionale. La situazione è ancora più drammatica, in quanto il pericoloso cancerogeno è presente anche negli edifici di 2.500 scuole (stima 2023), all’interno delle quali sono esposti più di 352.000 alunni e 50.000 soggetti del personale docente e non docente.

Ancora, 1.500 biblioteche ed edifici culturali compresi almeno 500 ospedali (stima per difetto perché la mappatura ONA è ancora in corso), hanno componenti in amianto nelle strutture e/o negli impianti tecnici, in particolare termici, elettrici e termoidraulici. Gli stessi acquedotti pubblici, compreso gli allacci, in tutto almeno 500.000 km di tubature, sono in cemento-amianto, e l’impatto è rilevante anche per effetto dell’erosione, dell’attività di manutenzione, dei terremoti e sciami sismici che causano la contaminazione dell’acqua potabile (l’amianto è cancerogeno anche se ingerito), e si somma anche al fatto che per usi antropici nelle famiglie e nelle aziende l’acqua evapora e contamina i luoghi di vita e di lavoro, anche con inalazione aggiuntiva all’ingestione.

Ogni anno ci sono 10mila nuove diagnosi, in prevalenza uomini, per motivi del loro impegno professionale e/o operai negli stabilimenti o nei siti militari e in particolare nelle regioni a maggior rischio che, con una media annua di casi diagnosticati compresa tra 1.500 e 1.800, sono la Lombardia, il Piemonte, la Liguria e il Lazio che rappresentano oltre il 56% dei casi segnalati.

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