Le condizioni di detenzione in Ungheria di Ilaria Salis, la maestra milanese 39enne sotto processo a Budapest per lesioni aggravate ai danni di due neonazisti, non violano i diritti umani. Lo afferma il servizio esecuzione penale ungherese (l’equivalente dell’amministrazione penitenziaria italiana) in una relazione inviata ai giudici della Corte d’appello di Milano e arrivata in Italia martedì sera. I magistrati milanesi devono decidere sulla consegna all’Ungheria del 23enne anarchico Gabriele Marchesi, imputato assieme a Ilaria Salis per gli stessi fatti su cui la donna è a processo. “Se la persona viene consegnata e presa in carico il suo collocamento” in carcere “si svolgerà in condizioni coerenti con quanto previsto dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo, dalla raccomandazione delle Nazioni Unite sulle linee guida minime per il trattamento umano delle persone arrestate nonché dalla raccomandazione numero R 2006/2 del Consiglio d’Europa sulle regole penitenziarie europee”, si legge nella relazione. “Al detenuto vengono costantemente garantite le condizioni previste dalla normativa europea e nazionale in materia” sia “in termini di spazio abitativo” che di “servizi igienici, accesso all’aria fresca e altri requisiti”, si legge nell’integrazione con cui il governo di Viktor Orban ha risposto a 6 delle 9 domande che erano rimaste senza risposta nel primo documento trasmesso ai magistrati attraverso il Ministero della Giustizia.
In particolare, spiegano da Budapest, le carceri ungheresi garantiscono “almeno 6 metri cubi di spazio aereo” a ogni detenuto e “almeno 4 metri quadrati di superficie per persona” nel “caso di coabitazione”. La “determinazione” dello “spazio abitativo” per ogni detenuto deriva dalla legge ungherese decreto 121 del 19 dicembre 2014.
Inoltre, “ai rappresentanti consolari e diplomatici del rispettivo Stato in Ungheria è stata data la possibilità, previa consultazione, di entrare nel relativo istituto penitenziario e ispezionare le condizioni di detenzione” e “il personale del consolato del rispettivo Stato può visitare il detenuto”.
Budapest ha ribadito che il Consiglio d’Europa “non ha stabilito la sussistenza degli evidenti rischi di una grave violazione dei principi fondamentali dell’Ue da parte dell’Ungheria” rispetto al principio di indipendenza della magistratura e i diritti dei giudici.
I magistrati milanesi hanno chiesto”se e quali iniziative siano state assunte a livello nazionale per garantire o promuovere l’indipendenza della magistratura, il giusto processo”, “la presunzione di non colpevolezza e i diritti fondamentali dopo l’adozione delle Risoluzioni del Parlamento Europeo” che ha proposto al Consiglio d’Europa di accertare un “evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione”.
“Nel corso dei cinque anni e mezzo trascorsi dall’avvio della procedura in base alla risoluzione del Parlamento europeo approvata il 12 settembre 2018 il Consiglio non ha adottato una decisione”. Questa la risposta del ministero della Giustizia di Budapest.
Nelle carceri ungheresi ci sarebbero “celle attrezzate” all’interno di “strutture moderne” con “personale qualificato”. È “garantita l’assistenza sanitaria, oltre ai colloqui” e “il tempo libero può essere speso in modo produttivo con l’istruzione e lo sport”. Lo scrive il servizio esecuzione penale ungherese. “Oltre a tutto ciò” è garantito “il ruolo delle cerimonie religiose e della cura spirituale” che “può essere significativo nel raggiungimento degli obiettivi di reinserimento”.