Dalle prime luci dell’alba, i carabinieri della Compagnia di Napoli Centro hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura della Repubblica – ‘VII Sezione Sicurezza Urbana’, nei confronti di 9 persone (5 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo e unitamente ad altri 5 individui allo stato indagati a piede libero, di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, e, in particolare, di furti perpetrati con la ‘tecnica del buco’. L’attività di indagine svolta dal Nucleo Operativo della Compagnia di Napoli Centro, nel periodo marzo – luglio 2022, sotto il coordinamento dalla Procura partenopea, ha consentito di individuare modus operandi, ruoli e compiti dei componenti dell’associazione. Partendo dalla scelta dell’obiettivo, individuato sulla base di ripetuti sopralluoghi finalizzati a verificare il posizionamento dello stesso e la sua accessibilità dalle reti dei sottoservizi e fognarie, passavano a una prolungata fase di scavo, le cui operazioni sono arrivate a durare anche due mesi, per poi culminare nella fase esecutiva. Il tutto mediante un’articolazione del gruppo in aliquote ben individuate – comunicanti tra loro attraverso dispositivi walkie-talkie – e con compiti differenziati, anche di sicurezza perimetrale dell’area di operazione e di monitoraggio discreto – dissimulato anche grazie all’uso di cani da passeggio – dei movimenti delle forze dell’ordine presenti sul territorio. L’indagine ha inoltre permesso di attribuire al gruppo criminale il furto commesso in danno di un noto negozio di abbigliamento di via Chiaia, nel corso del quale gli associati, dopo essersi introdotti nella rete dei sottoservizi fognari attraverso una grata in ferro sita in un condominio ubicato nel centro storico di Napoli ed aver effettuato una prolungata attività di scavo nel sottosuolo urbano, si sono impossessati di scarpe e abbigliamento d’alta moda, per un valore complessivo di 173.000 euro. La refurtiva è stata poi recuperata e restituita al legittimo proprietario. È stato inoltre attribuito al gruppo criminale il furto commesso all’interno dell’ex complesso ospedaliero Gesù e Maria, nel corso del quale gli indagati, dopo essersi introdotti all’interno della biblioteca storica, trafugavano diversi oggetti d’interesse storico-culturale, tra cui una statua, cimeli ed antichi testi.
Una statua, diversi libri antichi di medicina, mattonelle del pavimento maiolicato, oltre a parti in legno di mobili antichi: è il bottino raccolto dalla “banca del buco” nella sua incursione all’interno della biblioteca storica del complesso dell’Ospedale Gesù e Maria di Napoli, in Salita Tarsia. L’ospedale, non più in funzione, è di proprietà della Asl Napoli 1 Centro. Il furto di suppellettili e oggetti antichi, secondo quanto riportato nell’ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Napoli e di cui LaPresse ha preso visione, è avvenuto a ridosso del 4 giugno 2022 ed è stato denunciato il 10 giugno. Attraverso intercettazioni telefoniche e l’analisi delle immagini estrapolate dagli impianti di videosorveglianza, gli investigatori hanno ricostruito le fasi di organizzazione del colpo e i movimenti dell’auto con a bordo due componenti della banda e, soprattutto, gli oggetti rubati che sono stati portati in un negozio di antiquariato. Nelle immagini catturate dalle videocamere installate su via Foria si nota che nell’auto in questione sono stati ribaltati i sedili posteriori per contenere l’elevato volume di carico di oggetti e suppellettili rubati dall’ospedale Gesù e Maria; in un frame si distinguono addirittura ante di mobili, cornici e colonne.
Non solo attività commerciali, nelle quali entravano attraverso la rete fognaria; la “banda del buco” era specializzata anche in furti di catalizzatori di marmitte catalitiche, compiuti dai componenti del gruppo durante trasferte fuori regione. Il fenomeno dei furti di catalizzatori risulta essere particolarmente remunerativo per la presenza, all’interno dell’impianto per il trattamento dei gas di scarico, di metalli nobili quali platino, palladio e rodio, che valgono dieci volte più dell’oro. Nell’ordinanza del gip di Napoli, di cui LaPresse ha preso visione, sono ricostruiti diversi furti commessi in Toscana, Emilia Romagna, Abruzzo e Marche, nonché il modus operandi dei furti, con uno dei membri che sorveglia i due esecutori materiali, coordinandoli e indirizzandoli durante le fasi di commissione del reato. Il 4 maggio 2022 in Toscana, in particolare tra Firenze, Empoli e Scandicci, tre degli indagati avrebbero messo a segno almeno 13 furti di catalizzatori, rubati da auto in sosta, per un valore complessivo di circa 3mila euro. Il furto veniva eseguito in maniera estremamente rapida, appena 15 secondi, e con un costante contatto telefonico tra il “palo” e gli esecutori materiali; alcune delle conversazioni telefoniche sono state intercettate dagli investigatori, che in alcuni casi hanno anche colto i rumori di scasso in sottofondo.
È stato grazie alla visione delle immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza pubblica e privata che gli investigatori sono riusciti a identificare “con assoluta certezza” gli appartenenti alla “banda del buco” raggiunti questa mattina da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli, su richiesta della Procura partenopea, ed eseguita dai Carabinieri della compagnia Napoli Centro. La ricostruzione dei furti e delle fasi antecedenti ha permesso di individuare in Patrizio Stefanoni, detto “‘o zio”, il capo, ideatore e promotore dell’associazione. Secondo quanto scritto dal gip nell’ordinanza, della quale LaPresse ha preso visione, Stefanoni “coordina, dirige e indirizza i suoi sodali nel perseguimento del programma criminoso comune dell’associazione, organizzando incontri con i suoi più stretti associati in zona Montesanto o, in alcuni casi, presso la sua abitazione, effettuando sopralluoghi tecnici preliminari che sono da ritenersi delle vere e proprie verifiche di controllo degli obiettivi strategici da colpire, al fine di individuare potenziali pericoli”. È stata individuata inoltre la figura di Gaetano Giordano, detto “Lucio”, ritenuto uno dei capi dell’associazione e “responsabile”, tra l’altro, dell’apertura della grata in ferro che consentiva alla banda l’accesso nel sottosuolo urbano. Sempre lui si preoccupava di recuperare gli arnesi professionali necessari per la realizzazione degli scavi con la cosiddetta tecnica del buco: martello pneumatico, tassellatore a batteria, sega per il cemento e generatore elettrico silenzioso.