Omicidio Ciatti: al via processo, l’ accusa chiede 24 anni per Bissoultanov

In aula a Girona la rabbia dei genitori del ragazzo fiorentino verso il ceceno

Ci sono voluti quasi 5 anni perché Rassoul Bissoultanov, 28 anni, e Movsar Magomadov, 25 anni, entrambi ceceni di passaporto russo, si trovassero sul banco degli imputati nel processo per l’omicidio di Niccolò Ciatti, il 21enne di Scandicci (Firenze) che venne pestato a morte senza alcun motivo la notte tra l’11 e il 12 agosto del 2017 in una discoteca di Lloret de Mar.

E’ accaduto lunedì davanti al giudice Susana Perez Puerto dell’Audienca provincial di Girona. Quasi cinque anni durante i quali i genitori e la sorella di Niccolò Ciatti hanno chiesto in tutte le sedi giustizia. Un tempo lunghissimo vissuto con la speranza di poter vedere in faccia un giorno i due che avevano sconvolto per sempre le loro vite. Così questa mattina, quando i Bissoultanov e Magomadov son arrivati in tribunale, accompagnati dalle loro madri, i familiari di Niccolò li hanno accolti chiamandoli “assassini”. Momenti di tensione che hanno richiesto anche l’intervento degli agenti per riportare la calma. Poi l’udienza è iniziata con la composizione della giuria popolare, composta da nove persone e due sostituti. E nel pomeriggio le prime testimonianze degli amici di Niccolò, che avevano trascorso con lui la vacanza in Costa Brava fino al tragico epilogo.

Secondo quanto ricostruito, Bissolultanov, esperto di arti marziali, in particolare del tipo di lotta chiamata Mma, la notte tra l’11 e il 12 agosto del 2017, sulla pista da ballo della discoteca St Trop, insieme a due connazionali, improvvisamente prese di mira Niccolò Ciatti, che stava trascorrendo con i suoi amici l’ultima serata della vacanza. Così sulla pista della discoteca iniziò il pestaggio mortale, in mezzo a tanti giovani che si limitarono ad assistere e, in alcuni casi, a riprendere la scena con i telefonini.

Bissoultanov, poco più grande di Niccolò, sferrò un violentissimo calcio alla testa del ragazzo di Scandicci, che non si rialzò più. Morì in ospedale alcune ore dopo. Nelle ore successive sui social iniziarono a circolare i video del pestaggio, materiale risultato prezioso per inchiodare almeno Bissoultanov alle sue responsabilità.

Per la difesa di Bissoultanov si trattò di un omicidio preterintenzionale e per questo ha chiesto che il 28enne venga condannato a una pena non superiore ai 5 anni. La pubblica accusa, invece, ha chiesto una condanna a 24 anni di carcere e altri 9 anni di libertà vigilata, ma per il solo Bissoultanov ritenendo che non ci siano responsabilità dell’altro ceceno. Tesi che contrasta in parte con quella del legale della famiglia Ciatti secondo il quale entrambi gli imputati sono responsabili di omicidio volontario. Entro venerdì potrebbe già essere emessa la sentenza.

Saranno chiamati a fornire dichiarazioni ai giudici anche i genitori di Niccolò, Cinzia Azzolina e Luigi Ciatti, domani alle 12. Poi dovrebbe essere la volta delle testimonianze degli agenti della polizia catalana, i mossos d’esquadra, che fermarono i tre ceceni: due vennero rilasciati subito, mentre il solo Bissoultanov rimase in carcere, da dove uscì alla scadenza dei termini di carcerazione preventiva.

Il giovane ceceno in seguito venne arrestato in Germania, su mandato di cattura internazionale, ed estradato in Italia. Ma nel dicembre scorso la corte d’assise di Roma lo ha scarcerato e Bissoultanov successivamente si è costituito in Spagna. Nei giorni scorsi la Cassazione ha annullato la decisione della corte d’assise sulla scarcerazione. Anche nei confronti di Magomadov la procura di Roma aveva chiesto e ottenuto una misura cautelare in carcere, che era stata eseguita a Strasburgo, dove i giovani ceceni, figli di rifugiati, risiedono. Ma la Francia ha negato l’estradizione di Magomadov, che è stato successivamente rimesso in libertà.

Anche in Italia dovrebbe celebrarsi un processo a carico dei due ceceni: l’apertura del dibattimento è prevista per il prossimo 8 giugno davanti ai giudici della corte d’assise di Roma. Difficile, però, che gli imputati siano presenti in aula.