David Rossi, Mussari: “Era un fratello. Suicidio? Sto dalla parte della moglie”

L'ex presidente di Mps ha risposto in commissione parlamentare parlando del rapporto con l'ex responsabile Comunicazione della banca

“Ho amato David come un fratello. Ha iniziato a lavorare alla fondazione Monte dei Paschi e ho chiesto alla Banca Monte dei Paschi di assumerlo perché era il più bravo di tutti”. Così l’ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari, tratteggia il suo rapporto con David Rossi, ex responsabile Comunicazione della banca morto il 6 marzo 2014 dopo essere precipitato da una finestra del suo ufficio, davanti alla commissione parlamentare di inchiesta che punta a fare luce su quella vicenda. Fu suicidio, chiedono i commissari? Mussari non risponde ma assicura di essere schierato, in questa ricerca della verità, con la vedova. “Da parte mia, da chi ha nutrito quel tipo di rapporto così da definirlo fraterno e non in senso massonico, non posso rimanere indifferente a una moglie che si batte come si batte Antonella o ai fratelli che continuano a chiedere giustizia, chiarezza. Non posso rimanere indifferente e non posso che stare dalla loro parte ignorando le ragioni che li muovono, ma ci sono per scelta ontologica, per essenza della mia natura in relazione al rapporto che avevo con David, non posso stare da un’altra parte”, spiega, aggiungendo che “il giorno che avrò finito di rincorrere i miei processi se il mio spirito me lo consentirà io chiederò, se mi verrà concesso, la copia di questo fascicolo e se avrò la forza di leggerlo solo dopo mi farò un’idea. Quando avrò la forza, ed è un rammarico non averla avuta, sarò felice di dare la mia opinione, ma fino ad allora io là devo stare perché è la mia natura, sto di là perché David mi avrebbe immaginato di là”. Dubbi, invece, li esprime sui biglietti che furono ritrovati: “Non riconosco David, quello non era il suo modo di esprimersi”.

Mussari tratteggia i rapporti lavorativi: “In banca per mio costume l’unica persona cui davo del tu era Davide Rossi perché lo conoscevo da prima, come anche Morelli”. E assicura che l‘allora responsabile della comunicazione “non partecipava alle riunioni del Cda, avrà partecipato a uno, quando doveva esporre le linee guida sulla comunicazione o il nuovo spot della banca”. Come capo della comunicazione “aveva accesso alle notizie che avrebbe dovuto veicolare verso il pubblico, spiega, e “ritengo nulla sapesse delle operazioni” oggetto di indagine della procura di Siena né che “avesse cose di chissà quale rilevanza da riferire ai magistrati”. I rapporti si interruppero con la “baraonda Mps”, “i fatti di quei mesi oggi sono incomprensibili – ricostruisce – Quella tensione, quella modifica dell’ordinato vivere civile non potete immaginarla”. L’ultimo incontro risale a dicembre 2012, “perché ero ancora presidente di Abi e la baraonda non era ancora iniziata”. Da gennaio 2013 “cambia definitivamente il contesto, non era lecito, né utile, né prudente sentirci, scattano meccanismi di difesa, di autodifesa, di etero-difesa, io ero il nemico numero uno e lui gestiva la comunicazione di una banca che era, inevitabilmente, anche contro il nemico numero uno”, aggiunge.