“Non ho ricordi di quei momenti. Ero completamente sotto choc“. Pentito per quel che ho fatto? “Assolutamente, ho detto fin dal primo momento che se potessi tornare indietro non lo rifarei mai e poi mai. Piuttosto morirei io che mio padre, perchè è una cosa che non va bene”. Così Alex Pompa, assolto in primo grado per avere ucciso il padre violento, nel Torinese, durante la puntata di ‘Porta a Porta’ su Rai1. “Io non ho mai smesso di voler bene a mio padre. Il rapporto con lui è sempre stato difficile, fin da quando ero piccolo, e ho vissuto i suoi gesti violenti nei confronti miei, di mio fratello e soprattutto di mia mamma. Ma non ho mai smesso di voler bene a mio padre”, ha spiegato. “Il problema è che io e mio fratello da essere figli di mio padre ad un certo punto, quando la sua ossessione verso mia mamma è peggiorata, siamo diventati da essere suoi figli a essere suoi ostacoli – spiega il ventenne – perché eravamo le uniche persone rimaste a mia mamma, e noi facevamo i turni per non lasciarla da noi. E per lui era un ostacolo non poteva possederla, opprimerla, sottometterla come avrebbe voluto”.
Alex Pompa continua ricordando l’infanzia: “Da quando ho memoria ci son maltrattamenti e violenze in famiglia. Ciò che è andato a peggiorare è stata la frequenza e la violenza. Ci picchiava da sempre, e crescendo fisicamente ci mettevamo in difesa di nostra madre quando vedevamo che la colluttazione diventava fisica”, l’uomo “era geloso, convinto che la mamma, sul posto di lavoro, avesse chissà quanti amanti. A lui dava fastidio che lei, che faceva la cassiera al supermercato, sorrideva ai clienti e a mio padre questa cosa non andava bene. Lui passava i giorni a controllare che non sorridesse. La goccia che fece traboccare il vaso il 30 aprile di un anno fa fu quando papà come sempre era andato al supermercato, si accorse che un collega le aveva toccato due volte la spalla. Era un gesto innocuo, ma per papà era la prova del tradimento. Da lì un’escalation di minacce e insulti, alcuni li ho anche filmati”.