A due mesi dalla tragedia alla funivia del Mottarone si definiscono i primi passi per accertare con chiarezza cosa è accaduto. Era il 23 maggio quando una cabina si staccava, dopo la rottura della fune traente, provocando la morte di 14 persone. Il 3 agosto il primo sopralluogo in vetta darà il via all’analisi dei periti per accertare “le cause della precipitazione della cabina”, come deciso oggi durante l’udienza di conferimento degli incarichi per l’incidente probatorio. Il 30 agosto inizieranno invece le analisi sulla cosiddetta scatola nera: dispositivi, pc e altro, che potrebbero fornire dettagli cruciali per rispondere alla domanda ancora senza risposta nell’inchiesta, cioè perché la fune si sia rotta. Il 16 dicembre gli esiti delle perizie saranno esposti in aula.
Sull’uso dei forchettoni per inibire i freni di emergenza ci sono pochi dubbi: Gabriele Tadini, l’unico dei 12 indagati (più due società) che si trova ai domiciliari, ha già confessato di averli lasciati inseriti “più volte”. La rottura della fune resta però, per molti, inspiegabile. “Tadini non si spiega questa cosa – ha ripetuto il suo avvocato, Marcello Perillo -. La rottura della fune è a monte della tragedia”, ha aggiunto. “E’ un fatto non solo imprevedibile, per alcuni addirittura impossibile“, ha detto oggi Francesco Caroleo Grimaldi, il legale della nonna materna del piccolo Eitan, unico sopravvissuto alla strage. Enrico Perocchio, indagato e presente con Tadini all’udienza nella sede della provincia di Verbania davanti alla gip Elena Ceriotti, ha poi parlato a lungo con i giornalisti. Assistito dall’avvocato Andrea Da Prato, ha ribadito che non sapeva dei forchettoni “punto e basta”, anche se la procura la pensa diversamente. “Non ho rimorsi” ha dichiarato, “ma la mia vita è cambiata con quella telefonata”, il giorno dell’incidente. “Devo farmi forza”, ha aggiunto, spiegando poi di escludere che i forchettoni possano aver “stressato la fune”.
All’udienza c’erano tutti: i legali delle parti, la procuratrice Olimpia Bossi e persino i legali del Codacons, che si considerano parte lesa perché tutelano “gli interessi degli utenti e quindi anche dei viaggiatori”. E poi i legali della Leitner, l’azienda di Vipiteno che ha il contratto per la manutenzione dell’impianto. “Interessa a tutti capire perché si è rotta la fune. Siamo ragionevolmente convinti di poter dimostrare che Leitner ha eseguito quanto previsto dai contratti di manutenzione con assoluta correttezza”, ha spiegato l’avvocato Paolo Corti.
L’udienza è durata più del previsto: non solo perché il quesito formulato dalla gip, al quale i periti dovranno dare risposta, è molto elaborato, ma anche perché la giudice si è dovuta ritirare in camera di consiglio per decidere su numerose richieste di estensione dell’incidente probatorio. Alcune sono arrivate dai legali degli indagati, che hanno chiesto di allargare ai produttori della fune, alla proprietà della funivia, al dipendente di Ferrovie del Mottarone che ha spiegato dei forchettoni davanti ai carabinieri, alle aziende alle quali Leitner subappaltava la manutenzione. Altre sono arrivate dai legali delle parti lese, come quella di allargare all’Ustif, l’ufficio territoriale del Ministero dei Trasporti. La gip ha rigettato tutto: “Ho manifestato le ragioni per le quali abbiamo circoscritto gli indagati a quelli che sono, il giudice ha ritenuto che la scelta fosse conforme”, ha spiegato soddisfatta la procuratrice Olimpia Bossi. “E’ stato fatto un passo importante oggi – ha aggiunto -. Una volta esaurite le analisi sul luogo si procederà alla rimozione della cabina”. Nel quesito della gip al quale dare risposta c’è tutto: dalla manutenzione alla caduta della cabina, dalle verifiche genetiche a quelle strutturali, per cercare di arrivare alla verità. Intanto alle 11 di venerdì a Stresa saranno presentati i progetti di ricostruzione della funivia discussi dalla sindaca Marcella Severino con il ministro dei Trasporti Enrico Giovannini.