Strage di Capaci, Mattarella a Palermo: “Mafia non ancora sconfitta, bisogna tenere alta la guardia”

Il capo dello Stato nell'aula bunker del carcere Ucciardone nel 29esimo anniversario dell'attentato in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone

Sergio Mattarella nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo dove sono in corso le celebrazioni per il ventinovesimo anniversario della strage di Capaci del 1992 in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. “Nonostante i tanti anni passati, è sempre di forte significato ritrovarsi in questa aula bunker, un luogo di grande valenza simbolica, dove la Repubblica ha assestato colpi di grande rilievo nel cammino della lotta contro la mafia – ha detto il capo dello Stato – Questa ricorrenza è diventata giorno della legalità. Grazie a Maria Falcone, è merito suo se questo anniversario è diventato occasione di riscatto. L’onda di sdegno e commozione degli attentati, il grido di dolore degli italiani è diventato movimento, azione, passione. Ha messo radici nella società, ha contribuito a spezzare le catene dell’omertà”. 

“Nessuna zona grigia, nessuna omertà né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi. Non vi sono alternative”, ha spiegato il presidente della Repubblica aggiungendo: “”La mafia, lo sappiamo, esiste tuttora. Non è stata ancora definitivamente sconfitta. Estende i suoi tentacoli nefasti in attività illecite e insidiose anche a livello internazionale. Per questo è necessario tenere sempre la guardia alta”.

Mattarella ha fatto anche un appello all’unità della magistratura: “Polemiche lotte e divisioni all’interno della magistratura minano la sua credibilità, anche il solo dubbio che la giustizia non operi sempre nell’interesse delle persone indebolisce l’istituzione e la lotta alla mafia”, ha detto il presidente della Repubblica nel suo intervento.

“La mafia ha paura di condanne, di forze dell’ordine efficienti, ma teme la scuola più della giustizia. Falcone e Borsellino erano magistrati intransigenti. Sono morti per la loro competenza ma anche perché già in vita simboli di legalità”, ha detto ancora il capo dello Stato. 

La ministra Lamorgese depone una corona d’alloro alla stele commemorativa  di Capaci

La ministra dell’Interno Lamorgese, accompagnata dal Capo della Polizia Giannini, ha deposto una corona d’alloro alla Stele commemorativa di Capaci, sull’autostrada Palermo-Mazara del Vallo, in ricordo vittime attentato del 23 maggio 1992. “E’ sempre una grande emozione fermarsi a Capaci. Falcone è stato il primo che ha fatto rete con tutti quelli che indagavano sulle mafie. Il suo sistema è stato fondamentale, ha creato la direzione nazionale e poi le direzioni distrettuali antimafia che sono il cuore della lotta alla mafia”, le parole della ministra. 

Fsp Polizia: “Dopo 29 anni far vivere la lezione di Falcone”

“Dopo 29 anni è più vivo che mai l’insegnamento di Falcone: ‘Contro la mafia non pretendere l’eroismo ma impegnare tutte le forze migliori della società’. Dopo 29 anni, dobbiamo essere tutti Giovanni, Francesca, Antonio, Vito, Rocco”. Lo afferma Valter Mazzetti, Segretario Generale Fsp Polizia di Stato, nel giorno dell’anniversario della strage di Capaci.

“Passano gli anni – aggiunge – ma non passano i loro volti, i loro nomi, il loro esempio: il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, assassinati dalla mafia, il 23 maggio del 1992, sono state le prime vittime della strage di Capaci. Con loro, vittime siamo stati tutti, obbligati all’orrore della prevaricazione, della crudeltà, mentre ci strappavano qualcuno che viveva curandosi degli altri, delle Istituzioni, curandosi di noi. Ma vittime non devono essere le generazioni a venire, e la responsabilità di questo pesa sulle spalle di ciascuno di noi, perché: ‘La mafia non è invincibile – ci ha insegnato Falcone -, ma è qualcosa di terribilmente serio e grave che si può vincere non pretendendo l’eroismo dei cittadini ma impegnando tutte le forze migliori della società’. Oggi ricordiamo uomini straordinariamente normali. Eroi quotidiani, martiri, che hanno dimostrato al mondo la forza della dignità, della coerenza, del coraggio, che sopravvivono su tutto e che anche 500 chili di tritolo non possono spazzare via. Oggi loro sono ancora qui, le loro toghe e le loro divise il simbolo di quei valori così potenti da trascinare fuori dalle case fiumi di persone sottomesse dalla paura. Oggi è un dovere ricordare. Ed è un dovere non cercare nuovi eroi, non abbandonarsi al fatalismo e alla rassegnazione, non dare per scontato che a difenderci ci sono altri che non verranno mai meno”.