Il Capo dello Stato: "Rappresentava tutto ciò che la mafia e i suoi accoliti detestano e temono di più". I leader politici ricordano il magistrato ucciso da Cosa nostra
Anche quell'anno era domenica. Il 19 luglio 1992, in via D'Amelio a Palermo, un'esplosione causata da una bomba posta in una Fiat 126 sotto la casa della madre tolse la vita a Paolo Borsellino, magistrato impegnato in prima linea nella lotta a Cosa nostra, e ai cinque agenti della sua scorta.
"A distanza di tanti anni non si attenuano il dolore, lo sdegno e l’angoscia per quell’efferato attentato contro un magistrato simbolo dell’impegno contro la mafia, che condivise con l’amico inseparabile Giovanni Falcone ideali, obiettivi e metodi investigativi di grande successo", ha dichiarato il Presidente della Repubblica, Sergio, ricordando che "il 19 luglio del 1992 una terribile esplosione in via D’Amelio a Palermo spezzava la vita di Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Desidero ricordarli, rinnovando vicinanza e partecipazione al lutto inestinguibile delle loro famiglie".
"Borsellino rappresentava, con la sua personalità e i suoi comportamenti, tutto ciò che la mafia e i suoi accoliti detestano e temono di più: coraggio, determinazione, incorruttibilità, senso dello Stato, conoscenza dei fenomeni criminali, competenza professionale. Accrescevano la sua fama di magistrato esemplare la semplicità e la capacità di fare squadra, lontano da personalismi e desideri di protagonismo. Vi si aggiungeva la ferma volontà di andare avanti, di non arrendersi anche di fronte a rischi, ad attacchi, a incomprensioni e ostilità", spiega Mattarella.
"Sono particolarmente vicino ai figli di Paolo Borsellino in questa triste ricorrenza. Come sperimentano quotidianamente, nulla può colmare una perdita così grave. La limpida figura del giudice Borsellino – che affermava, che chi muore per la legalità, la giustizia, la liberazione dal giogo della criminalità, non muore invano – continuerà a indicare ai magistrati, ai cittadini, ai giovani la via del coraggio, dell’intransigenza morale, della fedeltà autentica ai valori della Repubblica", conclude il capo di Stato.
Fico: Borsellino esempio di chi non si arrende mai
“Paolo Borsellino ci ha lasciato l’idea dell'impegno, di quanto è importante far valere le ragioni dei più deboli, di quanto è importante che ci sia uno Stato forte, unito, onesto che possa sconfiggere l'illegalità e la mafia nel nostro Paese. Borsellino è l'esempio di chi non si arrende mai, anche a costo della propria vita. Un esempio straordinario che è scolpito nei cuori e sulla pelle di tutti gli italiani”. Così il presidente della Camera, Roberto Fico.
Zingaretti: Onoriamo memoria di Paolo Borsellino e della sua scorta
"19 luglio 1992: 28 anni fa la strage di via D’Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina. Non dimentichiamo e onoriamo la loro memoria con il nostro impegno contro tutte le mafie". Così il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, su Facebook.
Meloni: Paolo Borsellino vive
"A 28 anni dalla Strage di Via D’Amelio, dove persero la vita Paolo Borsellino e la sua scorta, continuiamo a lottare ogni giorno per realizzare il suo sogno di un’Italia libera dalla mafia. Non dimentichiamo un grande uomo, un servitore dello Stato e della legalità. Paolo vive!". Lo scrive su Facebook il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni.
L'Anm ricorda Paolo Borsellino
"L’Associazione Nazionale Magistrati non dimentica, insieme con le persone che con lui hanno perso la vita nell’adempimento estremo del dovere, la figura di Paolo Borsellino, che oggi e sempre rappresenta un modello di professionalità, coraggio e impegno civile per tutta la magistratura". Così in una nota l'Associazione Nazionale Magistrati in occasione dell'anniversario della strage di via d'Amelio.
Don Ciotti: Paese con memoria dimezzata o d'occasione
"Troppo facile, avrebbe pensato Paolo Borsellino, e con lui la sorella Rita, che tanto ha dato a Libera. Troppo facile, pensano anche i cari familiari di Paolo. Troppo facile, avrebbero pensato Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. E con loro tutte le vittime innocenti delle mafie. Troppo facile una memoria solo commemorativa, una memoria che non è memoria viva, generativa di verità e giustizia. Sì, perché il nostro è un Paese che nega il diritto alla verità. Un Paese con una memoria dimezzata o d’occasione. Una memoria che non fa luce su tante pagine oscure della nostra Storia: omicidi e stragi, giochi e accordi di potere, appropriazioni di beni comuni, interazioni fra lecito e illecito, complicità tra politica e crimine organizzato". Così in una nota don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele, in occasione dell'anniversario della strage di via d'Amelio. "Ma una memoria dimezzata o manipolata – prosegue don Ciotti – non è accettabile per chi crede nella democrazia, cioè nella divisione dei poteri e nella condivisione della responsabilità. Non è compatibile la democrazia con le zone d’ombra, con gli abusi di potere, con i silenzi e le verità manipolate. Le mafie e il loro consolidato, antico potere vengono da lì. Vengono da una politica fiacca e complice, da una coscienza civica fatta di parole, da un’antimafia discontinua o al massimo stagionale. Era forte la mafia sotto il fascismo, ha continuato a rafforzarsi nella libera democrazia, e questo è uno scandalo, la prova di quanto un testo sacro come la Costituzione, frutto di tanta lotta e sangue, sia stato tradito".