A 178 giorni dal disastro, inizia la demolizione del viadotto di Genova. Il nuovo ponte sarà utilizzabile per l'inizio del 2020
Al via la demolizione del moncone ovest del viadotto Morandi. "È un momento importantissimo, simbolico. Con le demolizione inizia il riscatto per Genova, per la Liguria, per l'Italia", ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Presente alla demolizione anche il ministro dei trasporti Danilo Toninelli, che davanti alle telecamere ha dichiarato: "A fine anno il ponte sarà in piedi, a inizio 2020 sarà utilizzabile. È un'operazione molto veloce. Ci sono penali importanti: penali per chi ritarda a demolire e penali per chi ritarda a ricostruire e non saranno i ricorsi a rallentarci".
Come si svolge la demolizione – Come detto, quella che comincia questa mattina è la demolizione del troncone di Ponente (quello verso la Francia). Se ne occupano i tecnici della Fagioli (azienda che fa parte della cordata per la demolizione capitanata dalla Omini). Il pezzo che verrà "smontato" e portato a terra da un'altezza di 48 metri, è quello tra la "pila" 7 e la "pila" 8: lungo 36 metri, largo 18 e pesante 900 tonnellate. Vengono usati quattro martinetti speciali detti "strand jack" in grado di "movimentare fino a 600 tonnellate ciascuno. I martinetti sollevano leggermente il pezzo e, poi, lo calano lentamente fino a terra. L'operazione (vento permettendo) dovrebbe durare circa 7 ore. Una volta a terra, resta "appeso" ai martinetti e, dopo gli opportuni controlli, viene spostato e frantumato.
I quattro "strand jack" sono montati su delle "torri" alle due estremità del pezzo da "tagliare". Il taglio avviene con un filo di acciaio diamantato che "separa" le due estremità del pezzo dal resto del ponte. I Martinetti (molto complessi dal punto di vista ingegneristico) hanno la capacità (grazie a un sistema di cavi e motori) di muovere il pezzo di ponte anche di pochi centimetri per volta mantenedolo perfettamente in asse ed evitando sbilanciamenti che potrebbero essere catastrofici. Così, in sette ore, il blocco di 36 metri, arriverà fino a terra e verrà sistemato su degli appoggi. Da lì potrà essere spostato per l'ulteriore frantumazione.
L'operazione dovrà essere ripetuta più volte dal momento che la parte da di ponente da demolire è lunga diverse centinaia di metri. La questione del vento è delicatissima. Alla domanda sui tempi tutti i tecnici rispondono che molto dipenderà dalle giornate senza vento che saranno "disponibili" nei prossimi mesi. Quella, tra l'altro, è purtroppo una zona molto ventosa. Il vento s'incanala lungo la Valpolcevera e, spesso, crea problemi di atterraggio sul vicino aeroporto. Per questo è difficile dare delle risposte alla questione dei tempi. Per questo, viste le pesanti penali messe nel contratto dal commissario, alcune delle aziende della cordata che doveva partecipare alla demolizione (all'inizio erano una dozzina) si sono ritirate. Alla fine, sono rimaste in quattro.
Il moncone di levante – Per quanto riguarda il moncone di levante, invece, la demolizione dovrebbe avvenire (ma non è ancora certo) attraverso l'utilizzo di cariche di dinamite a esplosione controllata. Insieme al moncone del ponte verranno giù almeno sei palazzi sottostanti che sono stati "acquistati" dal commissario a prezzi molto convenienti per i proprietari costretti a lasciarli. Questa parte, però, è ancora ferma, bloccata anche dalle lungaggini delle perizie giudiziarie. Manca ancora, però, un piano preciso sulle modalità di demolizione. Il presidente del V Municipio, Federico Romeo, appoggiato dai comitati degli sfollati e del quartiere circostante, ha fatto presente che nei palazzi, ciostruiti subito dopo la guerra, c'è dell'amianto e l'esplosione (ancorché controllata) rischia di sollevare enormi quantitativi di polveri che potrebbero essere molto dannose per l'ambiente circostante. La questione, allo stato, non ha ancora avuto una risposta. La demolizione del moncone di levante potrebbe dunque ritardare di non poco la ricostruzione dell'intera opera.
Tria – Il ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, ha firmato il decreto del Mef che, insieme al Mit, autorizza l'immediata attivazione dell'anticipo di spesa dei primi 60 milioni di euro per la ricostruzione del ponte Morandi. Il decreto legge Genova autorizza la spesa di 30 milioni di euro all'anno dal 2018 al 2029 a garanzia dell'immediata attivazione del finanziamento come anticipo del versamento delle somme necessarie all'integrale realizzazione degli interventi per la ricostruzione del viadotto Polcevera, in seguito al crollo l'estate scorsa dell'autostrada A10 nel comune di Genova.