Speranza racconta. "Scrissi la nota sulla morte di Stefano sotto dettatura del maresciallo". Il comandante del gruppo di Napoli mandò un messaggio a uno dei testimoni: "Serve spirito di corpo"
Emergono nuovi dettagli dalle indagini sulla morte di Stefano Cucchi. Il carabiniere Davide Antonio Speranza, sentito nel dicembre scorso dai magistrati ha dichiarato di aver scritto l'annotazione di servizio sul caso Cucchi "sotto dettatura del Maresciallo Mandolini" perché la prima versione del documento "Mandolini, quando la lesse, disse che non andava bene e che avrei dovuto cestinarla". Inoltre il comandante del gruppo dei carabinieri di Napoli Vincenzo Pascale avrebbe fatto delle pressioni a una delle persone sentite a novembre dagli inquirenti, pochi giorni prima che la persona in questione venisse sentita come testimone.
L'annotazione di servizio dettata da Mandolini – Speranza racconta che qualche giorno dopo la morte di Stefano Cucchi venne chiesto a lui, come ad altri carabinieri, di redigere un'annotazione sul caso. Lui lo fece ma quando Roberto Madolini, imputato per falso e calunnia nel processo in corso a Roma, lesse l'annotazione "disse che non andava bene e che avrei dovuto cestinarla perché avremmo dovuto redigerne una seconda in sostituzione della prima". A quel punto viene redatta, sotto dettatura di Mandolini, e alla presenza di Vincenzo Nicolardi (anche lui imputato per calunnia nel processo), una seconda versione della notte dell'arresto di Cucchi più edulcorata.
L'episodio raccontato da Speranza è messo a verbale è solo l'ultimo dei presunti rifacimenti di annotazioni sulla notte dell'arresto del geometra romano. Speranza racconta come venne scritta la seconda nota: "il contenuto di tale annotazione fu dettato da Mandolini e lo scrissi io, alla presenza anche di Nicolardi, quindi stampammo e la firmammo a nostro nome". Da ultimo ammette: "Ripensandoci, a posteriori, all'epoca peccai di ingenuità, perché mi fidai di Mandolini e Nicolardi che erano più anziani e avevano più esperienza di me".
Le pressioni degli alti vertici dell'Arma – "Mi raccomando dovete avere spirito di corpo…se c'è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare…". Questo il messaggio che il comandante del gruppo dei carabinieri di Napoli Vincenzo Pascale, avrebbe mandato ad una delle persone sentite a novembre dagli inquirenti nell'ambito dell'inchiesta sui presunti depistaggi avvenuti dopo la morte di Cucchi, pochi giorni prima che la persona in questione venisse sentita come testimone dai magistrati di Roma.
La frase è scritta in un verbale degli inquirenti su cui è trascritta un'intercettazione telefonica datata 6 novembre 2018 tra il maresciallo Ciro Grimaldi e un suo collega che gli riporta un messaggio mandatogli da Pascale: "Ha detto – dice il collega – mi raccomando dite al maresciallo che ha fatto servizio alla stazione lì dov'è successo il fatto di Cucchi di stare calmo, tranquillo".
Il maresciallo in questione, Grimaldi, oggi è di stanza presso la stazione Vomero Arenella di Napoli ma nel 2009 era in servizio presso Casilina a Roma. Pochi giorni dopo quel 6 novembre, Grimaldi sarà sentito come persona informata sui fatti nell'ambito dell'inchiesta sui presunti depistaggi e insabbiamenti sul caso Cucchi. Il suo collega prosegue nel riportare le parole di Pascale, ovvero che devono avere spirito di corpo e che si devono aiutare i colleghi in difficoltà: "Ha detto – spiega – mi raccomando, dovete avere lo spirito di corpo, se c'è qualche collega in difficoltà lo dobbiamo aiutare…".