Termovalorizzatori e inceneritori: la differenza, la mappa, i rischi

Tutto quello che c'è da sapere per non fare confusione

La gestione dei rifiuti è ormai diventata un enorme problema globale, tanto da entrare prepotentemente nella dialettica di governo con i contrari e i favorevoli agli inceneritori. Ma in questi giorni, anche mediaticamente, si sta facendo molta confusione parlando indistintamente di inceneritore e termovalorizzatore.

Il primo è un impianto per lo smaltimento dei rifiuti che prevede la distruzione degli stessi tramite un processo di incenerimento. I rifiuti, però, devono essere organizzati, smaltiti e stoccati secondo norme precise, anche europee, che prevedono l'esclusione di materie che, bruciate, possano liberare fumi e scorie particolarmente tossiche: quindi devono essere rigorosamente trattate. Ovviamente l'inceneritore produce fumi di combustione che per legge devono essere continuamente monitorati e filtrati in modo da garantire il minor impatto possibile sul territorio.

Il termovalorizzatore può essere considerato l'evoluzione dell'inceneritore. Si tratta di un impianto per lo smaltimento di rifiuti solidi tramite l'incenerimento degli stessi e lo sfruttamento del calore sprigionato dalla combustione per generare energia elettrica. I rifiuti trattati in camera di combustione bruciano a  più di 1000 gradi. Questo calore viene utilizzato per generare vapore che muove turbine che a loro volta generano energia elettrica immessa  sulla rete.

In Europa sono attivi 354 impianti  termovalorizzazione/incenerimento in 18 nazioni. In alcune situazioni, impianti di questo genere sono da tempo inseriti in contesti urbani, ad esempio a Vienna, Parigi, Londra, Copenaghen. Paesi quali Svezia (circa il 45% del rifiuto  viene incenerito), Svizzera (100% viene incenerito ), Danimarca (50%)  e Germania (35%) ne fanno largo uso.

In Italia l'incenerimento dei rifiuti è una modalità di smaltimento minoritaria. Nel corso degli anni la percentuale dei rifiuti urbani inviati ad incenerimento è aumentata passando dal 2,5 milioni di tonnellate a 5,3 milioni di tonnellate: la maggior parte dei circa   3,5 milioni di tonnellate di combustibile da rifiuti italiani viene incenerita in impianti del Nord.

Nel nostro Paese gli 'inceneritori senza recupero energetico' sono pochi e soprattutto al Sud: i principali sono a Porto Marghera (Venezia), disattivato di recente, San Vittore (Frosinone), Colleferro (Roma), Gioia Tauro (Reggio Calabria), Capoterra (Cagliari), Melfi (Potenza), Statte (Taranto).

Secondo l'ultimo Rapporto dell'Ispra, invece, il Nord ospita infatti il 63% dei termovalorizzatori. Le strutture maggiori che producono energia sono quelle di Torino, Milano Brescia e Parma. Inceneritori e termovalorizzatori bruciano lo stesso tipo di rifiuti, quelli solidi urbani (piccoli imballaggi, carta sporca e stoviglie di plastica, ad esempio) e quelli speciali (derivanti da attività produttive di industrie e aziende).